L’originale di questo articolo risale al 2010 ed è stato postato su zonalmarking.net. L’autore del blog ha classificato tutti i più affascinanti cambiamenti tattici avvenuti nella prima decade del 2000. Pensando di pubblicarne una traduzione ho deciso di partire direttamente dalla prima posizione, considerando che riguarda l’avventura catalana del Guardiola allenatore da poco terminata. Ringrazio ovviamente l’autore per avermi concesso di pubblicarla.
Nel 2004, Gabriele Marcotti scrisse un articolo per il Times sulla legenda del Barcellona: Pep Guardiola. Non si trattava di una retrospettiva celebrativa sulla grande carriera di Guardiola, né di un commento sulla sua abilità di sfidare i critici e continuare a giocare ad alti livelli, come Paolo Maldini. Era un articolo su come, nel calcio del 2004, Guardiola fosse inutile.
Il punto non era il fatto che il suo talento fosse ormai consumato. Come giocatore il suo aspetto fisico era irrilevante, il suo dominio era lo spazio davanti la linea difensiva da dove dipingeva passaggi lungo il campo per i suoi più illustri compagni di squadra; Michael Laudrup, Hristo Stoichkov e Romario sono stati tra i nomi più grandi ad aver beneficiato della sua presenza. Quando Marcotti scrisse l’articolo, Guardiola aveva 33 anni e avrebbe dovuto essere al suo apice.
La realtà, però, era che nessuno lo voleva. Agli inizi del 2000, L’Europa era tatticamente ossessionata da due tipi di centrocampisti- un roccioso e aggressivo mediano difensivo, e il classico fantasista numero 10. La maggior parte delle squadre seguiva questo modello distruzione-creazione, rappresentato al meglio dalla Juventus della coppia Davids-Zidane. Per questo, per un regista basso come Guardiola, non c’era nessun posto dove andare.
Per citare l’articolo originale di Marcotti:
“Le sue qualità di centrocampista sono diventate obsolete… il calcio moderno ha chiuso le porte ai giocatori come Guardiola… nonostante sia nella miglior forma della sua carriera, non c’è spazio per lui… che gli schemi fatti di riflessione e intricati passaggi dei giocatori come Guardiola siano ormai perduti per gli appassionati più giovani, è qualcosa di veramente deprimente.”
E citando dallo stesso Guardiola:
“Io non sono cambiato…le mie abilità non sono degenerate. E’ solo che il calcio oggi è diverso. E’ uno sport giocato ad una velocità maggiore ed è molto più fisico. La tattica è differente, bisogna essere giocatori abili nei contrasti come Patrick Vieira o Edgar Davids. Se sai anche passare il pallone, bene, è un bonus. Per quanto concerne un centrocampista centrale, l’attenzione è posta tutta sul lavoro difensivo…i giocatori come me sono estinti”
Era il 2004. Oggi, nel 2010, Campione d’Europa in carica è una squadra guidata da Pep Guardiola, che ha instillato il suo stile di gioco al Barcellona. Durante questa stagione ha regolarmente giocato con tre giocatori guardioleschi a centrocampo: Xavi Hernandez, Andres Iniesta e Sergio Busquets. Xavi e Iniesta sono anche la coppia che ha reso la Spagna Campione d’Europa a livello internazionale. Solo sei anni dopo che la mentalità di Guradiola fosse decretata morta, adesso è il modo di giocare a calcio.
Rilevante è notare quanto tanto sia cambiato in così poco tempo. Il fattore più importante del riemergere dei giocatori guardioleschi è stato probabilmente il passaggio dal 4-4-2, al 4-2-3-1 e 4-3-3, entrambi caratterizzati principalmente da un centrocampo a tre. Questo ha comportato l’apertura di uno spazio extra per un centrocampista, e il modello distruttore-creatore è stato alterato per includere un regista tra i due. Di questo ne è un sempio il brillante trio vincente del Liverpool: Mascherano ( distruttore), Alonso ( regista), Gerrard ( trequartista).
Forse, però, c’è stato un ulteriore cambiamento determinante: l’ossessione della metà degli anni 2000 per l’impiego di un giocatore “ alla Makelele” è collegata al declino del creatore di gioco come numero dieci tradizionale ( estromesso dal gioco della marcatura stretta) – che ha a sua volta causato la perdita di importanza del “Makelele” stesso (senza più nessuno da marcare). Pertanto, il “creatore” adesso gioca più basso, più per un gioco di passaggi metodici – per questo Cesc Fabregas o Andres Iniesta giocano come vertice di un centrocampo a tre – mentre il mediano “di contenimento” si è diversificato dal semplice interdittore, per diventare un regista “aggiunto” – con il beneficio per calciatori come Busquets e Michael Carrick. Improvvisamente lo scontro di centrocampo non è più “fisico” ma si gioca sul controllo delle linee di passaggio, come esemplificato dal Barcellona.
Ovviamente, non dobbiamo cadere nella trappola di pensare che questo tipo di gioco sia una creazione pura del Barcellona. Ci sono altri registi che in Europa hanno avuto grande successo; Andrea Pirlo ne è certamente un esempio, ma, come riportato anche dall’articolo di Marcotti, Guardiola ammise che il ruolo di Pirlo era possibile al Milan perché giocavano “un diverso tipo di calcio”. David Pizzarro della Roma ne è un altro, ma anche qui bisogna riconoscre chela Romain quegl’anni giocava in un modo molto lontano dalle convenzioni. Pizzarro soffrì all’Inter in un 4-4-2 standard; possiamo forse dedurre che nella prima decade dei 2000 ci sono stati registi che sono però riusciti a trovare un ambiente favorevole solo in formazioni inusuali.
Allo stesso modo non si potrebbe inferire che sia stato Guardiola a creare calcisticamente Xavi e Iniesta – entrambi facevano già parte del club prima del suo arrivo in prima squadra. Ma è anche largamente riconosciuto che entrambi da giovani si siano profondamente ispirati a Guardiola, e che non fossero certo tra i titolari nel Barcellona di Frank Rijkaard – nella finale di Champions vinta nel 2006, entrambi iniziarono la partita dalla panchina perché il Barcellona schierò due mediani di interdizione.
Così a dispetto di quanto ci si potesse aspettare considerando l’inizio del secolo, la forza non è riuscita a sconfiggere la raffinatezza – si è casomai verificato l’opposto – le qualità tecniche sono oggi più importanti che mai. Nel rileggere queste citazioni di Guardiola sembra di vedere la descrizione di un altro mondo. E così se da giocatore, sei anni fa, fu considerato obsoleto, la filosofia di Guardiola come allenatore è oggi considerata il meglio d’Europa.
Quando Guardiola ha preso la guida del Barcellona aveva solo 37 anni. Come detto in precedenza, non era il suo stato fisico ad averne determinato la cessione, e le sue abilità come regista erano probabilmente rimaste intatte. Pertanto, non è irragionevole ipotizzare che il 37enne Guardiola avrebbe potuto ancora fare un lavoro decente in molte squadre di Liga o di Serie A. La sua carriera si è forse interrotta prematuramente, ma questo gli ha meravigliosamente permesso così presto di radicare la sua filosofia nel calcio moderno.
E’ per tutto questo che l’aspetto più affascinante dei cambiamenti tattici nella prima decade del 2000 è la caduta – ascesa del Guardiolismo.