Papale papaleLa battaglia sullo Ior è tra Vaticano e Italia

Traspare un’ombra dietro l’esame che il Vaticano sosterrà a inizio luglio a Strasburgo, quando Moneyval, l’organismo del Consiglio d’Europa responsabile della trasparenza finanziaria, valuterà il r...

Traspare un’ombra dietro l’esame che il Vaticano sosterrà a inizio luglio a Strasburgo, quando Moneyval, l’organismo del Consiglio d’Europa responsabile della trasparenza finanziaria, valuterà il rapporto sull’adeguamento dello Stato pontificio alle norme internazionali di antiriciclaggio. E’ l’ombra di una battaglia. Non una battaglia tra cardinali wojtyliani e cardinali ratzingeriani, non tra “corvi” e segreteria di Stato, né tra dottrina sociale della Chiesa e tecnocrazia laica transnazionale. La battaglia più dura è tra Vaticano e Italia.

Nel palazzo apostolico, in particolare, cresce la preoccupazione che possa essere proprio l’Italia a fare lo sgambetto al Vaticano alla sessione plenaria di Moneyval (2-6 luglio). Il motivo è presto detto. Nei negoziati che vanno avanti da mesi tra Stato pontificio e autorità europee, l’Italia, in ragione dell’intimo legame geopolitico, ha svolto un duplice ruolo: da un lato ha fatto da “garante” del Vaticano presso le istituzioni sovranazionali, dall’altro ha pungolato il Vaticano ad adeguarsi agli standard internazionali. E’ stata la Banca d’Italia, ad esempio, a fornire il know how necessario al Vaticano per entrare nel club dei paesi impermeabili al riciclaggio del denaro sporco. L’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi affidò a due uomini della scuderia di Palazzo Koch, Marcello Condemi e Francesco De Pasquale, la stesura della prima versione della legge vaticana per la trasparenza finanziaria, poi promulgato dal papa a dicembre del 2010 sotto forma di motu proprio. Fu però una circolare della stessa Bankitalia, sempre nel 2010, ad allertare le banche italiane che intrattenevano rapporti con lo Ior che l’istituto non rispettava ancora gli standard antiriciclaggio e innescare le segnalazioni di movimenti sospetti che, alla fine, portarono la procura di Roma a sequestrare un conto di 23 milioni di euro dell’Istituto per le Opere di Religione.

Questo legame tra banca centrale italiana e banca “vaticana”, informale ma solido, è saltato con il licenziamento di Gotti Tedeschi dalla presidenza dello Ior. Uno strappo che ha messo fine a tensioni che si trascinavano da mesi, ma ora può rifrangersi sull’esame di inizio luglio. Perché l’Italia, che è membro del Gafi/Fatf (Groupe d’action financiere/Financial Action Task Force), è anche osservatore presso Moneyval e può di diritto inviare un proprio rappresentante – senza diritto di voto – alle riunioni di Strasburgo. Ora che Ettore Gotti Tedeschi è stato allontanato senza complimenti dallo Ior, i suoi buoni rapporti con Giulio Tremonti e con Palazzo Koch potrebbero pesare negativamente. Non è un caso, forse, che il draft del rapporto sul Vaticano, distribuito ai membri di Moneyval e del Gafi, sia iniziato a filtrare sui giornali italiani. Ne emerge un quadro ambivalente: il Vaticano rischia di venire bocciato su alcuni dei punti dirimenti, sulla partita possono affacciarsi vecchie storie di rogatorie internazionali non evase con soddisfazione delle autorità italiane, e c’è il rischio che lo stato pontificio non superi l’asticella di una sostanziale promozione e venga rimandato a settembre. Una situazione sulla quale l’Italia – scrive il Corriere della sera – “non intende mollare la presa”.

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