#InnovazioniMeritocrazia e merito

Il tema della meritocrazia viene evocato sempre più spesso confondendo meritocrazia e merito. Si propone un modello di una scuola di massa che offra studi di base a tutti e poi selezioni in base ad...

Il tema della meritocrazia viene evocato sempre più spesso confondendo meritocrazia e merito. Si propone un modello di una scuola di massa che offra studi di base a tutti e poi selezioni in base ad una meritocrazia che premia “i migliori”. Ma meritocrazia e merito non sono la stessa cosa. Premiare il merito significa saper investire sui talenti, individuare i momenti difficili delle persone e saper “personalizzare” il modo di entrare in relazione con le loro potenzialità. Il Merito è qualcosa che premia l’impegno egli individui a superare se stessi, a mettere a disposizione il loro talento lavorando duro per farlo diventare una risorsa. La meritocrazia è una falce che taglia tutti ad una certa altezza e non tiene conto delle potenzilità di ognuno, con il rischio di tenere dentro chi impara tutto a memoria o è più furbo e lasciar fuori un genio. La meritocrazia presuppone che qualcuno definisca una metrica per il merito e la capacità.

Nella società fordista la società aveva bisogno di personale sempre più “uguale” e capace di fare alcune mansioni che gli venivano assegnate. Gli ingegneri dovevano disegnare e progettare velocemente ciò che gli veniva assegnato, il più delle volte dovevano applicare le nozioni raccolte in modo da soddisfare i bisogni espressi dai committenti. La società non si aspettava qualcosa di nuovo o originale ma qualcosa che rispondesse meglio al “miglior modo” di fare le cose (la società fordista presuppone “the best way”, la via migliore per fare qualcosa). Tutto il sistema formativo è costruito secondo una logica parametrica, il voto. Ogni persona viene selezionata, modellata, misurata per diventare la migliore del suo campo in concorrenza con gli altri. Anche la concorrenza con gli altri è un baluardo del fordismo, è necessario che esistano benchmark di prodotto che possano fare da esempio per gli altri e possano stimolare gli altri a far meglio o fissare i criteri per misurare chi non sta al passo. La meritocrazia, figlia di questo sistema, prevede un sistema di misurazione e di ricompensa visibile e concreto per chi è più vicino all’ottimo. Il sistema è premiante, si considera degno di ricompensa chi meglio corrisponde allo standard e al modello fissato.

Nella società fordista è necessario che vi sia disciplina e standard, la quantità e la qualità sono gli obiettivi da raggiungere da parte di chi produce prodotti sulla base di tempi e metodi studiati con attenzione.

Questo sistema è caduto in decadenza da parte di un modello sociale in rete basato sulla conoscenza. Abbiamo scoperto che la quantità di conoscenza presente nei prodotti e nei servizi è talmente alta da non poter essere governata dal modello fordista.

La rete ha fatto emergere prepotentemente un modello basato su una conoscenza diffusa fatta di nozioni e di esperienze. Il sistema premiante è rimesso in discussione da fenomeni come l’opensource o la “wikieconomics”. L’individuo è sempre meno in grado di essere l’elemento di eccellenza e a questo si è sostituito il gruppo. Ogni selezione del personale prevede ormai la considerazione sulla capacità di adattamento sociale del candidato (lavoro in team). Che “adattamento sociale” può avere un individuo abituato a difendere la sua eccellenza premiante dagli altri concorrenti?

Spesso quelli che hanno un miglior successo scolastico sono le persone in grado di adattarsi meglio alle regole della meritocrazia, capaci di immagazzinare nozioni, seguire le prescrizioni fissate, adattarsi a seguire le indicazione del “modo migliore” di fare.

Eppure sempre più casi ci dicono che i talenti in grado di sconvolgere le regole del mercato o della società, in grado di produrre idee nuove sono persone che non provengono da questo percorso. Persone che sono in contatto con le nozioni e i concetti ma sono in grado di trasformarli e reinterpretarli. Einstein prendeva pessimi voti in matematica, Steve jobs non era laureato e aveva perso molto del suo tempo universitario in corsi di calligrafia, Zuckerberg non è laureato, come gli ideatori di Google. Come la mettiamo caro ministro con queste continue eccezioni?

La proposta di scuola che ho letto sulla stampa negli ultimi giorni va nella direzione di una sempre più forte meritocrazia.

Il merito è altra cosa, non significa premiare i migliori valutando persone diverse sulla base di un metro comune significa costruire tantenti offrendo un ambiente in grado di stimolare le caratteristiche degli individui e la loro capacità di integrarsi.

Quello di cui abbiamo bisogno non è di più meritocrazia ma di valorizzare la persona e le sue caratteristiche. Abbiamo bisogno di persone che abbiano una buona preparazione e ne abbiamo bisogno in misura sempre maggiore. In una società dove l’innovazione e la conoscenza è l’elemento centrale abbiamo bisogno di diversi modi di far bene le cose, di diversi aprocci al problema. Darwin sottolineava che le specie che sopravviviono di più non sono le più intelligenti o quelle più forti ma quelle che rispondono prima al cambiamento, in un certo senso è la metafora di una società sempre più complessa nella quale ogni individuo è importante per l’ecosistema sociale.

La meritocrazia scolastica, da sola, non ha mai portato grandi innovazioni, una società che consente la mobilità sociale per chi la merita invece qualche risultato è in grado di portarlo.

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