Altro Che SportNefandezze del giornalismo italiano: certi titoli di Libero e del Giornale

  Nella serata di giovedì 28 giugno la Nazionale italiana di calcio ha sconfitto quella tedesca 2-1. Nelle ore successive le redazioni dei giornali (e telegiornali, e siti web) si sono sbizzarrite ...

Nella serata di giovedì 28 giugno la Nazionale italiana di calcio ha sconfitto quella tedesca 2-1. Nelle ore successive le redazioni dei giornali (e telegiornali, e siti web) si sono sbizzarrite a cercare i commenti più arguti, i titoli più a effetto.
Alcuni sono riusciti nell’impresa. Altri no.
A Libero hanno fallito, con il loro strillo: «VaffanMerkel». E al Giornale, pure, hanno fallito, con il loro: «Ciao ciao culona».

Personalmente ho trovato quei titoli sgradevoli e offensivi nei confronti della cancelliera tedesca Angela Merkel, e più in generale della nazione tedesca. Ci sono momenti in cui bisogna saper perdere, e momenti in cui bisogna saper vincere. Insultare l’avversario che ha appena subito una sconfitta sul campo non è il comportamento più adeguato. Basta provare a pensare di mettersi dall’altra parte, per capirlo: quando siamo noi a perdere, e gli altri ci insultano perché siamo stati inadeguati – ci fa forse piacere?
Chi perde lo sa da sé che ha prodotto una prestazione insufficiente. Infierire serve soltanto a generare rancore, e a preparare un futuro di rivendicazioni.

Lo sport non è un generatore d’odio. Lo sport, per il futuro, prepara miglioramenti. Chi ha perso oggi, lavora per migliorarsi e vincere domani.
Andare «contro» non serve a niente. Serve di più, molto di più, l’atteggiamento positivo di trovare il modo di migliorare le proprie prestazioni.

Questo atteggiamento positivo, i tedeschi, storicamente l’hanno avuto. Dopo un lungo dopoguerra di trofei vinti in Europa e nel Mondo (3 coppe del Mondo più 3 finali, e 3 Europei più 2 finali tra il 1954 e il 1996, fonte Wikipedia) si sono scoperti un po’ più deboli, e quindi con il ct Joachim Löw hanno intrapreso un percorso diverso dal consueto di reclutamento di campioni. E se questo significava schierare in Nazionale ragazzi non nati in Germania bensì in Turchia, o Polonia, o Ghana… be’, questo hanno fatto.
Così all’Europeo 2012 si sono presentati con una squadra anagraficamente giovane (la più giovane tra le 16 finaliste, con un’età media di poco superiore ai 24 anni) e vincitrice di tutte le 15 partite ufficiali giocate prima della semifinale con l’Italia.

Peraltro un discorso simile ha tentato di introdurlo anche Cesare Prandelli, il ct azzurro, che in una conferenza stampa precedente la partenza per gli Europei ha messo in evidenza come le Nazionali giovanili italiane siano attualmente piazzate lontane dai vertici delle classifiche mondiali e continentali.
Il lavoro di Prandelli, chiamato sulla panchina azzurra dopo la prestazione insufficiente al Mondiale 2010 (eliminazione al primo turno, da ultima di un girone in cui c’erano Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda) è stato finora di grande qualità. E anche lui ha chiamato in squadra talenti che sono nostri connazionali di cuore più che di sangue – a cominciare da SuperMario Balotelli.

Anche in Italia ci sono persone che vedono le cose in positivo, e lavorano per migliorare la situazione propria e generale.

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