Il 20 giugno la Corte Costituzionale esaminerà l’art. 4 della legge 194/78 (legge sull’interruzione volontaria di gravidanza). Il giudice che ha proposto l’esame, è ricorso alla Corte poiché l’articolo in questione «sarebbe in particolare in contrasto con quanto previsto dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Ue del 18 ottobre 2011 dalla quale “l’embrione umano e’ stato riconosciuto quale soggetto da tutelarsi in modo assoluto”». Il giudice ha inoltre ipotizzato anche il contrasto con la Costituzione italiana, in quanto, sarebbe lesivo dei diritti inviolabili dell’uomo.
La notizia di un nuovo attacco alla 194 ha scatenato la rezione della rete che ha prodotto comunicati di blogger molto note e un impegno concreto da parte degli utenti dei social network. L’appello lanciato in contemporanea in molti siti, considerati punti di riferimento per la difesa dei diritti delle donna, ha però prodotto un risultato più che inaspettato. In poche ore, infatti, l’hashtag proposto, #save194, è balzato al primo posto dei trend italiani, generando la sopresa delle stesse promotrici della campagna.
Le promotrici hanno ottenuto il consenso di donne e uomini, che hanno sentito minacciato non solo il diritto all’interruzione di gravidanza, ma anche (e forse soprattutto) alla libera scelta.
Difendere la 194, infatti, come è stato sottolineato dal blog Donne Viola, «non significa voler abortire. Significa semplicemente voler scegliere.
Mai come in questo periodo i nostri diritti sono sotto attacco.»
Personalmente sono molto contenta di questo risultato, nonostante le mie posizioni personali sul concetto embrione-vita, siano più vicine a quelle dei fieri oppositori della 194. Ritengo, però, che difendere un valore (anche se alto) non possa permettere di imporre una visione in maniera posticcia e impositiva. Non si può pretendere, infatti, che uno Stato, garante dei diritti di tutti i suoi cittadini, neghi a una parte l’autodeterminazione per la volontà di pochi. Il referendum sull’aborto fu molto chiaro, in questo senso, l’Italia votò a favore, ponendo fine al massacro determinato dagli aborti clandestini.
Più che marciare per la vita, si potrebbe ipotizzare (come detto più volte) una seria campagna di sensibilizzazione alla sessualità responsabile e, inoltre, si potrebbe, finalmente, aprire un serio dibattito sulla pillola del giorno dopo, contraccettivo d’emergenza, vittima della disinformazione.
La libertà di scegliere di non abortire dovrebbe essere tutelata da un sostegno (concreto, non demagogico) dello Stato, allo stesso modo, lo stesso Stato deve garantire l’accesso a strutture idonee a quelle donne che desiderino interrompere la gravidanza, perché la difesa dei valori non può essere a scelta libera. Il rispetto dell’altro, la cui mancanza rende vittima la persona umana, è valore primario e non possiamo dimenticarlo quando la persona è una donna.