Quell’uomo dal sorriso inconfondibile, il viso mezzo segnato dal tempo e dall’età, lascia a bocca aperta. Una semplicità senza eguali, nessun fronzolo, solo un saio marrone. Nel suo sguardo la sofferenza dell’esule, il miracolo economico di quello strano capitalismo a trazione Marxista è arrivato fin nella sua patria. Quando l’emergenza lo costrinse a fuggire dal Potala, il comunismo sembrava un’infallibile certezza.
Viaggia in tutto il mondo, Tenzin Gyatso, Quattordicesimo Dalai Lama, stringe le mani dei più importanti Capi di Stato e di Governo. Le sue massime han raggiunto la più capillare diffusione attraverso i social network, a milioni lo seguono su Facebook e Twitter. Ieri è passato a Mirandola, uno dei Comuni più provati dal sisma dello scorso maggio. Nonostante la ferrea sorveglianza, si è concesso al bagno di folla. Con sé 100 mila euro in aiuti, poco più di un’offerta simbolica. Quel che conta è la presenza, i riflettori del mondo puntati sui dolori dell’Emilia anche solo per poche decine di minuti. Una cifra risibile in confronto al milione di euro raccolto dalla Cei. Peccato che i Vescovi Italiani ne incassino ogni anno quasi un miliardo. Al Dalai Lama, neanche la cittadinanza onoraria di Milano.
Il primo a gettare acqua sul fuoco è proprio lui, polemizzare non serve a nulla. E’ vero, il riconoscimento gli era stato promesso. Poi l’ha spuntata la realpolitik. Sia mai che i rapporti con la Cina possano incrinarsi, Expo 2015 si avvicina a passi da gigante. Non si può correre il rischio che Pechino diserti. Un ricatto della peggior specie, se è vero che è toccato alla Farnesina intercedere col Sindaco Pisapia. Come se l’Esposizione Universale non fosse patrimonio di tutti, l’Italia intera a trarne giovamento. E chi glie lo va a dire, allora, ai Sindaci di Assago, Brescia, Torino, Venezia, Rimini, tutte Città che han deciso di concedere la cittadinanza onoraria al Dalai Lama, che dalla loro decisione potrebbe dipendere la partecipazione cinese ad Expo? Perché loro non hanno indietreggiato e Milano, laboratorio del progressismo italiano, sì?
Già, non vale la pena rinfocolare la diatriba, Tenzin Gyatso è uomo di gran classe e se n’è accorto da solo. Si prescinda dalla cittadinanza in sé. Meglio volgere lo sguardo un po’ più in là. A quella sinistra, me lo si conceda, che ha smarrito la bussola. Che non sa più dove ficcare il naso, stretta tra l’idealismo di molti e l’imperscrutabile freddezza dei dirigenti. Per una volta quella sinistra ha preferito gli oppressori alla minoranza oppressa. Ha preferito non disturbare la tigre che avanza, una crescita annua dell’8%. Ha preferito i forti ai deboli. In definitiva, ha tradito sé stessa e la propria missione.