Darwin sognava pecore digitaliBerlusconi ritorno al passato, cambia nome e distrugge il partito

"Devo salvare il partito non posso buttare via 18 anni" Con questa frase Berlusconi segna lo smantellamento del Pdl e il suo ritorno nella vita politica del paese. Una scossa per tutto il partito, ...

Devo salvare il partito non posso buttare via 18 anni” Con questa frase Berlusconi segna lo smantellamento del Pdl e il suo ritorno nella vita politica del paese. Una scossa per tutto il partito, per molti come Angelino Alfano, una bella doccia fredda in pieno stile Berlusconi: sparata ai media, dictat dall’alto verso il basso, interessi personali connessi.

Il Partito delle Libertà in picchiata nei sondaggi di Alessandra Ghisleri, ha subito perdite ingenti nel suo elettorato, affascinato dalle sparate di Grillo e deluso dal “cauto sostegno” della destra al governo tecnico. Questo sembra essere il motivo scatenante (di facciata), quello che ha messo in moto il cavaliere nel cammino verso una possibile rinascita forzista. Resta da capire quale sarà la strategia di Berlusconi, non tanto programmatica, quanto comunicativa. Proviamo a ipotizzare quattro linee di azione.

  • AntiComunismo. In questi anni ha sempre funzionato, la classe media italiana ha il terrore del fantasma rosso. Un essere mitologico, il “comunista berlusconiano” che si nasconde nella paura del diverso e nel centralismo statale. Oggi però è più difficile addossare alla sinistra pseudo riformista (con tutte le sue anime inquiete e i suoi leader) una veste di questo tipo, semmai si può criticarne l’incoerenza interna.
  • AntiMontismo. Più probabile invece la presa di distacco netta dalla politica del governo Monti, il ritorno alla propaganda del “meno tasse per tutti”. Una guerra mediatica contro il Professore, i tecnici e le tasse, potenzialmente rischiosa (ma fattibile), proprio perché lo stesso PdL è ancora parte del governo in carica. Per fare ciò dovrebbe prima defilarsi, difficile ma probabile in questo caso il ricompattamento dell’asse con la Lega maroniana che oggi correrebbe da sola. Il buon rapporto tra Monti e Berlusconi sembra smontare questa tesi, ma col Cavaliere mai dire mai
  • AntiEuropeismo. Le “esternazioni di un fantasma incollerito”, come sottolinea Repubblica, sono state ascoltate da tutti i capi di stato europei, ai quali è venuto più di un brivido lungo la schiena alla notizia di nuove e possibili primavere berlusconiane. Berlusconi, fomentando il sentimento antieuropeo (e antitedesco), cavalcherebbe alla grande il malumore della massa, dando inizio a una campagna elettorale da dentro o fuori, che annullerebbe i “sobri successi” di mediazione europea del governo Monti, distruggendo i rapporti con l’Italia e complicando la situazione europea. Ipotesi agghiacciante ma possibile.
  • Populismo 2.0. Berlusconi, contagiato da Grillo, intensificherà gli investimenti online, più che ringiovanire il partito, ringiovanirà sé stesso e i suoi consulenti. Vuole insomma utilizzare la rete, probabilmente a suo modo e non in prima persona (come fa invece Renzi su Twitter). Potrebbe assoldare consulenti e stagisti istruiti puntino, pagare influenzatori per creare engagement, spostare la sua Tv nei nuovi media. Politici, personaggi, star e starlette che approdano su Twitter con linguaggi mediasettizzati per indossare i panni di “nuovi influenzatori da campagna elettorale”. Nuovi telegiornali e programmi carichi di retorica e richiami alla rete, messaggi e immagini dai social network, amplificazione del “modello epic fail”, ripreso da internet e spettacolarizzato in televisione.

La struttura dei media sociali ha parecchi anticorpi per il One Man Show berlusconiano, il problema semmai è l’ingaggio per proprietà transitiva che Berlusconi potrebbe utilizzare, contagiando e amplificando a dismisura sentimenti dicotomici con la cassa di risonanza televisiva (sui social), attraverso sfere di influenza mirate (giornalisti, personaggi televisivi, blogger, consulenti), ma soprattutto grandi masse di potenziale elettorato medio, presente in rete.

Tornando alla situazione del PdL, il ritorno di Berlusconi (che non se n’era mai andato) scava profonde crepe interne al partito, distruggendo ambizioni e credibilità del “riconoscente” Alfano, e qualsiasi intenzione di primarie a destra. Rimane certamente un ottimo salvagente elettorale a livello quantitativo, anche se la vittoria è poco ipotizzabile visti i numeri e lui lo sa. Dopotutto, è meglio state all’opposizione che fuori dai giochi.

Berlusconi ricandidandosi ha definitivamente segnato la fine del suo partito che oggi, ancor più, nasce e muore con lui. Una “scesa in campo” che distrugge prima di cominciare un difficilissimo percorso di rinnovamento. L’inizio di un cammino lungo e insidioso per dare nuova credibilità e nuovi contenuti alla scatola vuota del centro destra si ferma oggi, imponendo di conseguenza una battuta d’arresto al bipolarismo e alla politica italiana: assuefatta e offuscata da ormai vent’anni, a destra e sinistra (vedi congresso PD e marcia indietro sulle primarie), da Berlusconi e dai Berlusconismi.

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