Cosa resterà di queste Olimpiadi?
Certamente serberemo nel cofanetto della memoria qualche fotogramma della cerimonia d’apertura: il video che mostra una regina Elisabetta, meno compassata del solito, accompagnata da mister James Bond e la scenografia di Danny Boyle che ha fatto di Londra il centro del mondo per una notte.
Ma più che i trionfi e le medaglie, di queste Olimpiadi 2012 saranno ricordate le lacrime inconsolabili della spadista sudcoreana Shin A Lam, rimasta per un’interminabile ora sulla pedana a disperarsi, dopo essersi vista sfilare la vittoria all’ultimo secondo dalla stoccata, tra l’altro contestata, della sua avversaria tedesca.
Le Olimpiadi, si sa, sono un gioco. Bisogna mettere in conto che una volta si vince, un’altra si perde. D’altronde, come il barone de Coubertin insegna, l’importante non è partecipare? No, non più.
Ormai, nello sport, come nella vita, partecipare non basta. Bisogna vincere, e a qualunque costo, perché il pubblico pagante la sconfitta non la accetta.
La vittoria però ha un prezzo e l’atleta è costretto ad accettare la sfida talvolta anche vendendo, come Faust, la vita e l’anima al diavolo. Oggi lo sport agonistico, quando la vittoria non è che il trionfo della chimica selvaggia che sperimenta i suoi intrugli sulla cavia umana di turno, nuoce al corpo e alla salute.
Gli atleti smettono di essere persone per diventare macchine. Uno dopo l’altro si fabbricano, vendono e si rottamano i vincenti; alla fine del ciclo la macchina umana è da buttare. Una volta scesi dal podio il loro destino sarà quello disintegrarsi come meringhe, incapaci di sopportare il declino.
Rientreranno così nei ranghi dei perdenti e poco importa se, fino al giorno prima, la loro stella brillava nell’albo dei vincitori. Il mondo è crudele e di loro ricorderà solo la sconfitta.
Ieri le lacrime disperate di Shim A Lam hanno commosso tutti, ridando allo sport quel senso di umanità che aveva perso per strada. Lo sport è tornato ad essere quello che é: un gioco in cui a volte capita di non vincere.
Forse la giovane atleta sudcoreana non diventerà mai la campionessa che aveva sognato di essere, ma può star certa che di lei e delle sue lacrime non ci dimenticheremo mai.
Questa è la sua vittoria.