Caro direttore,
ho letto con molta attenzione il suo editoriale di stamattina. L’ho letto voracemente, rileggendo i passaggi più importanti, rispettando e annuendo ad ogni singola virgola, ad ogni punto.
Lei è una persona verso la quale nutro profonda stima e, seppur non ci siamo mai conosciuti personalmente, attraverso il suo modo di scrivere e raccontare la società ho avuto modo di sentirmi spesso vicino a lei, e di citarla come riferimento giornalistico ed intellettuale.
Dopo la lettura del suo editoriale ho avuto però un momento di grande scoraggiamento. Lei fa bene a sottolineare quanto sia nauseabondo il commentare intorno alla morte di Loris D’Ambrosio. Ho avuto lo stesso impulso nel notare quanto molti commentatori si siano affrettati nel “lanciare il morto in faccia ai magistrati”. Un atteggiamento che mi fa provare profonda vergogna e verso il quale posso sono avere disgusto e disprezzo.
Ma ieri, nel leggere il comunicato stampa de Presidente della Repubblica, mi sono accorto che qualcosa nelle sue parole poteva essere travisato, e il caso ha voluto che fosse proprio lo stesso passaggio ripreso nel suo editoriale:
«una campagna violenta e irresponsabile di insinuazioni e di escogitazioni ingiuriose, senza alcun rispetto per la sua storia».
Lei sa molto meglio di me che oggi la comunicazione, in particolare quella online, ha subito un processo di polarizzazione. Non sto qua a cercare di articolare i motivi di una siffatta distorsione, ma vorrei sottolineare che ci sono alcuni aspetti che vanno presi in seria considerazione, soprattutto quando a parlare è il Presidente della Repubblica.
Ho provato ad immaginare l’enorme dispiacere e il dramma che in queste ore sta attraversando la mente e l’anima di Giorgio Napolitano. Perdere uno dei suoi migliori amici, uno dei suoi più fedeli collaboratori è una tragedia umana indescrivibile. E comprendo anche la celerità attraverso la quale il nostro Presidente della Repubblica si è apprestato a comunicare alla stampa il suo dolore.
Ma con tutto il rispetto per la vicenda umana, e per il ruolo istituzionale del Presidente Napolitano, in quel passaggio che ha colpito sia me che lei c’è quella distorsione comunicativa alla quale facevo riferimento.
Il Capo dello Stato ha, ahimè, per primo unito la vicenda D’Ambrosio ai fatti di cronaca che lo vedevano “coinvolto”. Quando ho letto il comunicato stampa della presidenza è stata la prima cosa che mi sono detto: perché legare la morte di un amico, di un collega a quanto scritto e detto in queste settimane?
Quello che è venuto fuori, e che lei denuncia amaramente nel suo editoriale, è purtroppo il frutto di un innesco, non voluto per carità, ma verso il quale bisognava fare attenzione. Tutto ciò che è stato detto, e che ha le caratteristiche di una cloaca, è purtroppo l’effetto non voluto di una tragedia che a monte ha avuto le sue prime distorsioni.
Sono davvero triste nel riscontrare questa dinamica. Ho in Napolitano uno dei miei modelli di rispetto e rigore istituzionale e gli sono vicino umanamente. Ma ritengo che forse questa volta bisognava stare attenti prima di spendersi in parole poi così falsamente e ipocritamente strumentalizzate dalle migliaia di commenti e dichiarazioni insulse lette ed ascoltate in queste ore.
La saluto rinnovandole la mia stima.
Tommaso Ederoclite