Ci sono cose che hanno il potere di allontanare la tristezza, anche se solo per un po’.
La musica è una di queste.
Gli Uchpa sono una band peruana di rock, blues e progressive, il tutto in lingua quechua. Vengono dalla regione montagnosa dell’Apurimac, territorio impregnato dal sangue dei suoi schivi e riservati campesinos, massacrati da Sendero Luminoso e dall’esercito a migliaia, durante “il conflitto” scoppiato negli anni ’80. Suonavano negli anni ’60 e suonano oggi che i contadini iniziano, poco a poco, a tornare a casa, sulle loro montagne, lasciando le gabbie urbane in cui erano stati costretti dalla violenza di stato e controstato. Furono gli anni dell’esplosione di Lima.
Vedere gli Uchpa dal vivo è qualcosa di poderoso. Freddy Ortiz, il cantante, si muove sul palco spiritato, in costume e cappello tradizionale che Jamiroquai gli fa una pippa. La sua spalla, Juan Espinoza, non smette un attimo di ballare. Fa quasi solo quello, che Mangoni gli fa una pippa (nonostante idolatri il notorio architetto milanese). Rock e ande, blues e flauti, power chords e tijeras.
Il rombo lontano del Perù alla ricerca del suo contraddittorio futuro.