Ci parla di un uomo, Oriana Fallaci, un uomo che è l’emblema dell’umanità di ieri, di oggi e di domani. E’ Alekos Panagulis, eroe della resistenza greca e compagno per anni di Oriana, il protagonista del romanzo Un uomo, pubblicato per la prima volta nel 1979. Un libro da leggere, uno struggente inno alla libertà, un ritorno alla tragedia greca, il racconto di un amore tormentato e appassionato. Ecco le frasi che amo di più.
“Non mi aiuti, allora, mi consegni agli sbirri! Tanto a che serve…” “Soffrire, battersi? A vivere, ragazzo mio. Chi si rassegna non vive: sopravvive.” Poi: “Cos’hai in mente, ragazzo?” “Una cosa e basta: un po’ di libertà.” “Sai sparare, mirare giusto?” “No.” “Sai fabbricare una bomba?” “No.” “Sei pronto a morire?” “Sì.” “Uhm! Morire è più facile che vivere ma ti aiuterò.”
Quel silenzio ostinato ti spaccava i nervi e a volte ti faceva rimpiangere l’interrogatorio ed Egina. La morte si affronta, ti dicevi, le torture si subiscono, il silenzio no. Lì per lì sembra che non ci sia un danno, che anzi serva a pensare meglio e di più, presto però ti accorgi che in esso pensi meno e peggio perchè il cervello, lavorando sulla memoria e basta, si impoverisce. Un uomo che non parla con nessuno e a cui nessuno parla è come un pozzo che nessuna sorgente alimenta: a poco a poco l’acqua che vi stagna imputridisce ed evapora.
Il coraggio è fatto di paura.
Non si fa il proprio dovere perchè qualcuno ci dica grazie, lo si fa per principio, per sè stessi, per la propria dignità.
L’abitudine è la più infame delle malattie perchè ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. Per abitudine si vive accanto a persone odiose, si impara a portare le catene, a subire ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a tutto. L’abitudine è il più spietato dei veleni perchè entra in noi lentamente, silenziosamente, cresce a poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza, e quando scopriamo d’averla addosso ogni fibra di noi s’è adeguata, ogni gesto s’è condizionato, non esiste più medicina che possa guarirci.
La felicità è una lacrima che inaspettatamente ti scivola giù per la guancia mentre sussurri: sono stato tanto solo. Non voglio stare più solo. Giura che non mi lascerai mai.
L’amara scoperta che Dio non esiste ha ucciso la parola destino. Ma negare il destino è arroganza, affermare che noi siamo gli unici artefici della nostra esistenza è follia: se neghi il destino, la vita diventa una serie di occasioni perdute, un rimpianto di ciò che non è stato e avrebbe potuto essere, un rimorso di ciò che non si è fatto e avremmo potuto fare, e si spreca il presente rendendolo un’altra occasione perduta.
Le vere bombe sono le idee.
Agli uomini non interessa nè la verità, nè la libertà, nè la giustizia. Sono cose scomode e gli uomini si trovano comodi nella bugia e nella schiavitù e nell’ingiustizia. Ci si rotolano dentro come maiali. Io me ne accorsi quando entrai in politica. Bisogna entrare in politica per capire che gli uomini non valgono nulla, che a loro vanno bene i ciarlatani e gli impostori e i draghi. Uno entra in politica pieno di speranze, meravigliose intenzioni, dicendo a sè stesso che la politica è un dovere, è un modo per rendere gli uomini migliori, e poi s’accorge che è tutto il contrario, che nulla al mondo corrompe quanto la politica, nulla al mondo rende peggiori.
L’unico modo per non soffrire è non amare, che nei casi in cui non puoi fare a meno di amare sei destinato a soccombere.
Lottate, ragionate col vostro cevello, ricordate che ciascuno è qualcuno, un individuo prezioso, responsabile […] artefice di sé stesso, difendetelo il vostro io, nocciolo di ogni libertà, la libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere.
Però è bella la vita, è bella anche quando è brutta. […] “Nella vita c’è il sole, c’è il vento, c’è il verde, c’è l’azzurro, c’è il piacere di un cibo, di una bevanda, di un bacio, c’è la gioia che riscatta le lacrime, c’è il bene che riscatta il male, c’è il tutto e io ti amo”.