Anche quest’anno, il 27 giugno, tutti ci siamo ricordati di Ustica, almeno per un giorno. Ci siamo commossi e indignati ad un tempo, per una storia che a distanza di tanti anni (esattamente trentadue) ancora ci pare non sia stata raccontata. Quell’estate nel 1980 è stata una delle più dolorose estati della nostra storia recente: Ustica il 27 giugno, la stazione di Bologna il 2 agosto.
Quest’anno, in occasione della ricorrenza di Ustica, il discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è stato incisivo e chiaro dal punto di vista politico e istituzionale:
“E’ motivo di profonda amarezza dover costatare come lunghi anni di indagini non abbiano ancora consentito di individuare i responsabili di una vicenda così tragica e inquietante. E’ indispensabile che le istituzioni tutte profondano ogni sforzo – anche sul piano dei rapporti internazionali – per giungere ad una compiuta ricostruzione di quanto avvenne quella drammatica notte nei cieli di Ustica e favoriscano lo svolgimento delle difficili indagini tuttora in corso”.
Il giorno prima della commemorazione, il 26 giugno 2012, è stata pubblicata una lettera a firma di Romano Prodi e Walter Veltroni, in cui tra l’altro si chiede “di ricercare la collaborazione piena e leale da parte di Paesi amici e alleati, a partire da quelli che per dispiegamento “naturale” di forze sono stati vicini al luogo dell’incidente (come le strutture militari statunitensi, gli aeroporti francesi, le unità in navigazioni inglesi … ). Nel capoverso successivo di questa lettera Romano Prodi e Walter Veltroni chiedono anche “di aprire una pagina nuova nei rapporti con la Libia (…)”.
Insomma, possiamo infine dire e dirci cosa è successo nei cieli di Ustica? Sono morte 81 persone in quell’aereo, di cui – come se non bastasse – 13 erano bambini. E poi ci sono almeno 12 casi di marescialli, capitani e colonnelli trovati impiccati o morti in circostanze poco chiare che vengono indicati dall’inchiesta Priore come “morti sospette”, in qualche modo collegate o collegabili alla vicenda di Ustica. Fanno quasi 100 persone che mancano all’appello e di cui è importante raccontare la storia.
Questo trauma nazionale – perché di un vero e proprio trauma si tratta – è stato elaborato a livello culturale e artistico attraverso film famosi, come quello di Dino Risi nel 1991 (“Il muro di gomma”) o lo spettacolo “I-TIGI Canto per Ustica” di Paolini nel 2001 e molti altri. Noi come cittadini abbiamo cercato di capire, ci siamo fatti delle idee, siamo andati al cinema e a teatro, abbiamo letto e riletto tutto quello che veniva via via scritto. Abbiamo addirittura cercato di imparare e tradurre il linguaggio dei radar, perché – come dice Paolini – “per capire Ustica bisogna capire il linguaggio del cielo”. Insomma il cinema, il teatro e l’arte questa verità l’hanno raccontata bene, ad alta voce e a più riprese. Ma alla nostra democrazia – che non è più fragile, ma forte e solida – serve una verità istituzionale, politica e giudiziaria. Questa verità ci manca e ci spetta di diritto. Ce la meritiamo tutta e intera.
Ipotizziamo che qualcuno lassù sul cielo di Ustica il 27 giugno del 1980 abbia sbagliato ed erroneamente abbia sganciato un missile contro l’aereo sbagliato, desideriamo comunque che questa memoria sia finalmente inscritta nel discorso pubblico nazionale. Probabilmente nessuno ha desiderato abbattere l’aereo dell’ITAVIA. E’ stato un errore. Tuttavia è importante che di questo errore finalmente si possa parlare apertamente in Italia, in Europa, negli Stati Uniti. Se facendo un’ipotesi ancora da verificare, un missile sganciato da un aereo, non identificato dai radar, avesse abbattuto per errore un aereo di linea, provocando la morte dell’equipaggio e di tutti i passeggeri, in un paese civile questo si dovrebbe poter dire pubblicamente. E se quell’aereo non identificato per caso non fosse stato italiano, in un’Europa civile questo si direbbe pubblicamente e si condannerebbero i colpevoli. Non possiamo permetterci di tacere, perché il silenzio mina la stabilità delle istituzioni democratiche, la fiducia dei cittadini e delle cittadine, la credibilità della democrazia italiana e delle altre democrazie europee. L’istruttoria del giudice Priore, nonostante tutti gli sforzi istituzionali compiuti, non ha potuto alla fine restituirci una versione certa e definitiva di quello che è accaduto. Ustica è rimasta impigliata nella ragnatela delle ipotesi, nel regno delle congetture. Per Ustica ancora usiamo e abusiamo della parola “mistero”, un’etichetta vuota che spesso usiamo nel passato recente italiano quando non sappiamo “che pesci pigliare”. Dire che “Ustica è un mistero” è come non dire nulla, è come archiviare la questione senza aggiungere nulla alla sua spiegazione razionale. I misteri per loro natura oltrepassano e superano i limiti e le volontà degli individui. Ma cosa c’entra Ustica con i misteri? Ustica è una questione tutta intrisa di vicende umane – tristemente umane direi – e che si può e deve ridurre al piano della razionalità deduttiva. Di “misterioso” c’è pochissimo nella vicenda di Ustica, al limite potremmo dire che c’è ancora molto “non detto” o “non rivelato”.
Vorremmo che le morti di Ustica – tutte quante, quelle avvenute sull’aereo e quelle sospette e pur numerose avvenute nei mesi successivi – potessero alla fine “riposare in pace” nel senso letterale e pieno di questo termine. Ci appelliamo alle forze sane e vitali della nostra democrazia per chiedere la verità istituzionale e politica su questo “disastro” aereo, per chiedere una memoria coerente e meno contesa, che ci restituisca una versione definitiva e legittima di ciò che è successo. La ricorrenza annuale dell’evento è un’occasione importante per alimentare con nuove energie il desiderio e la volontà di perseguire questa verità sul piano delle relazioni politiche ed internazionali. Ricordiamoci di Ustica anche in tutti gli altri giorni dell’anno. Questi morti meritano “degna sepoltura”, come suggeriva la saggezza degli antichi. A chi giova ancora tacere? Il silenzio su Ustica è ormai assordante.