Tempo di partenze intelligenti. Tra un bollino rosso e uno nero, viaggiate. E forse non vi siete accorti di stare proprio nel mezzo del più grande museo di arte contemporanea d’Europa. Perché lì, giusto fuori dal vostro parabrezza multistrato, c’è un’arte che vi accompagna. Si muove con voi. Svincola, inverte, telepassa, supera, accelera, si immette, confluisce, procede, rallenta. Si espone su gallerie d’arte multiasse telonate: Schwartzmuller, Berger, Veiculo Longo, Trasporto Eccezionale, Scania. Ed eccoli i galleristi dei vernissage mobili: da Bergen al Marocco. Trecensosessantacinque giorni all’anno. Ventiquattro ore su ventiquattro a mostrare una iconografia già incisa inconsapevolmente nella vostra mente ogni volta che mettete la freccia. Che siete fermi a Borgo Panigale. Che vi incolonnate tra Mestre e Venezia. Che mangiate frettolosamente una Rustichella in piedi. E’ un’arte multimediale. Fatta di stop, retronebbia, hazard, colonnine di sosta e suoni d’Onda Verde, familiari come la voce di un figlio. Un’arte che ha masterpiece e avanguardia. Vecchi e giovani interpreti, rigorosamente anonimi. Dai soggetti violentemente simbolici. Metaforicamente geniali. Casermamente innovativi. Sessualmente post-sessantottini. Eterogenei e polifunzionali. Bob Marley . Il capo indiano. Il sedere anti-tamponante. La ragazza bandanata e riccioluta (musa Minnie Minoprio?) che si fa la canna a gambe incrociate. Il tappetino Mann. Le riproduzioni del Canaletto stampate su tendine da doccia. Le bandierine da parabrì. Le luminarie natalizie. I lambruschi etichettati Mussolini. La torre di Pisa. Gli zoccoli in pelle di mucca. I cloni di Samantha Fox, body-ispiratrice dell’avanguardia Highwayartistica. Il bassotto “long-vehicle”. La mano ciao-ciao-led-lampeggiante. Queste e innumerevoli altre opere hanno perso la loro connotazione di gadget e, a mio modo di vedere, si sono ri-materializzate opere d’arte.
Se tutto oggi è Biennale allora questo è un movimento artistico globale, allora questa è Highway Art. Gli oggetti hanno pagato il dazio della volgarità. Dell’inutilità. Del camionabile. Hanno resistito alle rivoluzioni culturali degli ultimi trent’anni. All’omologazione delle forme di comunicazione. Al politically correct del marketing e per contrario a chi ha cercato di blandirci con l’incorrect. Alle strenne filosofiche dei critici. Alla standardizzazione dei processi creativi. Alle Factory e allo IED. Alla politica dei resi. E si sono innalzate a status assoluti. A genere. Con originali e copie. Con periodi e tendenze. Con logiche di design ben precise. Con una grammatica dei doppi sensi rigorosa. Fottendosene della ricerca fine a sé stessa, ma al tempo stesso ricercando senza limiti. Cercando il colpo, dichiarando palesemente il bisogno di consenso anziché evitarlo. Giocando a rimpiattino con il Trash, ma non catalogandosi come tale proprio perché all’interno di un linguaggio ben preciso – idealmente i guard-rail delle autostrade d’ogni parte del mondo – che ne traccia e salvaguardia gli spazi espressivi.Tutti rappresentati dal mercato che ne tratta le quotazioni. Che ne garantisce la fortuna. Che ne contestualizza l’origine e quindi ne denota il valore. Che ne rappresenta il logico punto di accesso e di successo: la Stazione di Servizio.
Non l’Autogrill, ormai precipitato nel sentiero spizzico-vassoio biodegradabile-biscotti-mortadella pepata-shampoo-musica-giornali-tabacchi-cassa-scontrino- fuori. Ma lo spazio zanzaroso e neon-litico esterno, dove ticchettano le carte di credito pagabenzina. Dove ci sono docce nascoste, conosciute e usate solo da esperti di geografia locale. Dove le marche dei profumi del distributore automatico hanno nomi che non lasciano spazio al dubbio: Trombamì (con l’accento sulla “i”), Vigor, Seduction. In questi spazi l’arte si espone, si vede, si compra. Così ci si può imbattere in un adesivo Toro Seduto originale, dimenticato lì chissà come, la plastica che lo contiene ingiallita, ormai quotato oltre 15 €. O in una serie di nastri Stereo 8 di Piero Piccioni, introvabili (25>30 € la quotazione). Nel classico tappetino Mann giallo e nero (3 € circa). Nelle targhe personalizzabili con il nome del CB (se doveste acquistarne uno per tutti, cercate l’inossidabile “paperino” pare tenga una quotazione piuttosto alta). In accessori-fetish come la manopola da avvitare sullo sterzo per effettuare manovre tipo muletto. Fino ad avere la fortuna di trovare una t-shirt sEsso (15 €), che rappresenta un cult di avanguardia-noglobal dal momento che si trova in vendita proprio alla Esso (e solo quella comprata lì ha valore artistico-simbolico, per cui consigliamo di conservare lo scontrino comprovante l’origine del pezzo).
La Highway Art ha dunque i suoi codici, i suoi riti, le sue regole e, ovviamente, i suoi collezionisti: una piccola e ancora sparuta pattuglia che cresce giorno dopo giorno come i punti sulla patente. Scavatori dello scarto ficcanasano nei retrobottega e sui fatiscenti display all’aperto che hanno visto mille inverni e ancora mille bollenti estati alla ricerca di nuovi filoni. Fissano tappe forzate, stazione dopo stazione, viaggio dopo viaggio, barriera dopo barriera speranzosi di imbattersi in un originale d’epoca da mostrare, scambiare, vendere. Dov’è il Business? Potremmo chiederlo a Leo Longanesi e naturalmente a Sgarbi. Possiamo essere noi gli avanguardisti. Fino alla prossima Biennale: se va avanti così ci saremo. Buon viaggio, ci vediamo al solito tappone di Barberino del Mugello.
Discografia della partenza intelligente
Piccola discografia gommosa, casellante, eterogenea, estemporanea, svestita, incoerente, volgare.
Journey-wheel in the sky
Kraftwerk- Trans-Europe Express
Boom Boom Satellite – Push eject
Prefab Sprout – Wild Horses
Piero Piccioni – Ursula Shake
The Pulp – This is Hardcore
Brigitte Bardot – Harley Davidson
Banco – Velocità
Piotta – A pranzo con Rocco
The Cars – Let’s go
The Killers – When you were young
Cartografia dei migliori Highway Art Shop Italiani (potete aiutarmi a completare l’elenco?)
- Somalia sud
- Montepulciano ovest
- Paganella Ovest