Storie dell’altro mondoLa strada della fame. Dall’Illinois allo Yemen

Asmaa, un anno, è in braccio alla mamma e aspetta di essere visitata. Come altre decine di migliaia di bambine e bambini – si parla di 250.000 – Asmaa é gravemente denutrita. Anche sua madre Padriy...

Asmaa, un anno, è in braccio alla mamma e aspetta di essere visitata. Come altre decine di migliaia di bambine e bambini – si parla di 250.000 – Asmaa é gravemente denutrita. Anche sua madre Padriya è sottopeso e non può allattarla.

Per terra, in cucina, Zuhra ha un sacco da 8 kg di grano. Permetterà a lei e alla sua famiglia di avere pane per due settimane. Tempo fa le costava 800 riyals (circa 4$), ora ne costa 1.400 (circa 6,5$).

Salama sorride accanto alla figlia Eaman, 16 anni. La avrà accanto ancora per poco. Fra qualche settimana infatti Eaman dovrà sposarsi. A Salama dispiace, ma non può fare altrimenti: ha troppe bocche da sfamare e la famiglia del futuro marito la solleverà almeno dall’impegno verso Eaman.

Mahdi ha trovato lavoro ai suoi figli. Sono a servizio nelle case dei ricchi, ottenendo cibo come compenso.

Asmaa, Zuhra, Salama, Mahdi vi danno il benvenuto in Yemen, un paese colpito da una crisi alimentare gravissima in cui 10 milioni di persone – il 44% della popolazione – non hanno abbastanza cibo: il doppio di due anni fa. Un paese in cui i matrimoni di bambine sono aumentati del 10% lo scorso anno. Perché le madri come Salama preferiscono vederle sposate, piuttosto che farle soffrire la fame.

Spostiamoci ora in Illinois, USA. Un ciuffo di steli ancora verdi campeggia al centro di un campo di granoturco completamente secco. E’ l’immagine con cui apre un numero del Time di agosto. La foto successiva? Un gruppo di uomini che si ripara all’ombra di una tenda, quello che resta delle migliaia di dimostranti di una primavera araba che ormai pare destinata al fallimento. Dove? A Sana’a, la capitale dello Yemen.

Non a caso le due immagini sono insieme. La pesante siccità che ha colpito il Midwest americano – la peggiore nel paese degli ultimi 60 anni – è infatti una delle cause principali della fame in Yemen. L’avreste mai detto? Eppure è così. Per il Dipartimento dell’Agricoltura americano la produttività per acro del prossimo raccolto sarà la peggiore degli ultimi 17 anni. Questo vuol dire aumenti vertiginosi dei prezzi di grano, mais e soia di cui gli Stati Uniti sono rispettivamente primo esportatore e primo produttore. E della carne, visto che mais e soia fanno parte della dieta di bovini e maiali. Tanto che il direttore generale della FAO José Graziano da Silva ha chiesto agli USA di dirottare il 40% della produzione di mais, stanziata per la produzione di biocarburanti, al consumo umano o animale. Secondo la Banca Mondiale, rispetto a giugno i prezzi attesi a livello globale del mais sono aumentati del 45%, del 30% quelli della soia e del 50% quelli del grano. Gli effetti della carestia sono perciò pesantissimi per quei paesi che basano la propria alimentazione sui cereali, importandoli anche dall’estero: America Latina, Nord Africa e Medio Oriente.
Certo anche noi subiamo gli effetti di una crisi economica che ci costringe a modificare le nostre scelte di consumo e fare sacrifici. Ma per Asmaa, Zuhra, Salama, Mahdi è una questione di sopravvivenza.

Lo Yemen importa il 90% delle proprie derrate alimentari, e questo lo rende estremamente vulnerabile alle variazioni dei prezzi. Il Ramadan si è chiuso lo scorso 18 agosto. In anni migliori le famiglie facevano scorta di cibo prima della festa, specialmente dolci, succo di frutta e datteri, da mangiare insieme al calar del sole per recuperare velocemente le forze. Frutta e datteri si vendono ancora al mercato, ma il prezzo troppo alto li ha resi inaccessibili quando molte famiglie lottano per acquistare gli alimenti più comuni, accontentandosi di un po’ di pane e del tè.
L’ONU stima che servano circa 7,83 miliardi di dollari per rispondere alle crisi legate al cibo nella regione del Sahel (Africa Occidentale), in Sudan, Sud Sudan, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Afghanistan, Kenya, Zimbabwe e nello Yemen. Ma a oggi solo 3,73 miliardi di dollari sono stati promessi dai donatori. Con la risposta internazionale rallentata dalla crisi economica globale, l’aumento dei prezzi alimentari potrebbe esercitare ancora più pressione su un sistema già al limite, spingendo alla fame milioni di persone.
Asmaa, Zuhra, Salama e Mahdi hanno una speranza. Sono infatti tra le 100.000 donne e uomini che hanno ricevuto sovvenzioni in denaro per l’acquisto di cibo e acqua da Oxfam in 870 villaggi a Al Hodeidah, Yemen. Pensiamo di raggiungere in tutto un milione di persone, ma abbiamo bisogno di cambiare le regole del sistema, se vogliamo che non abbiano più bisogno di noi.

Roberto Barbieri
Direttore generale Oxfam Italia

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