Il dispositivo del Tribunale del riesame sul sequestro dell’area a caldo dell’Ilva “dispone che i custodi garantiscano la sicurezza degli impianti e li utilizzino in funzione della realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo e della attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti”. In funzione di: con lo scopo di, per raggiungere l’obiettivo di… lo dice anche il vocabolario. Non paga, o seccata, di delegare alla magistratura le funzioni di governo, certa politica interpreta e travisa continuamente locuzioni anche piuttosto semplici.
L’ex ministro Raffaele Fitto (Pdl), ad esempio, deduce che «la concessione della facoltà d’uso degli impianti e la nomina di Bruno Ferrante come custode e garante degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, consentono di continuare a lavorare come si è fatto finora, per giungere quanto prima ad un risultato che restituisca serenità ai lavoratori e certezze alla città di poter conciliare salute e ambiente, lavoro e sviluppo».
Anche l’ex prefetto Ferrante, custode di Ilva, pare voler minimizzare: “Il Tribunale non parla di chiusura. E anche se è prematuro valutare compiutamente questo provvedimento è chiaro che si tratta di un segnale positivo”. Qui si rileva una certa ambiguità di linguaggio. Segnale positivo certamente, si tratta di capire in funzione di chi e di cosa.
Infine, i sindacati. Landini definisce il provvedimento «un fatto importante perché stabilisce che per risanare l’Ilva non vanno fermati gli impianti… che devono essere utilizzati esclusivamente per risanare gli impianti finiti nel mirino dei magistrati della procura. Landini aggiunge «Magistrati che non abbiamo mai considerato una controparte dei lavoratori, nemmeno in questa vicenda». Come mai avrà sentito la necessità di fare questa precisazione?
D’altra parte le pressioni per il mantenimento della produzione, senza se e senza ma, sono destinate ad aumentare. “La chiusura forzata di una parte dell’acciaieria Ilva di Taranto, la più grande d’Europa, farà diminuire del 5% la produzione della regione, creando un calo delle forniture a breve termine che potrebbe far salire i prezzi dopo cinque mesi di ribassi. Secondo gli analisti, se l’impianto non sarà dissequestrato, si creerà una carenza di forniture a breve termine che farà salire i prezzi nell’Europa meridionale.” La nota Reuters specifica inoltre che i “concorrenti dell’Ilva che potrebbero beneficiare del suo stop sono piccole società come Arvedi, nel nord Italia, e grandi produttori europei come ArcelorMittal, ThyssenKrupp and Tata Steel, che possono produrre prodotti simili a quelli dello stabilimento di proprietà del gruppo Riva.” Allora la questione è la seguente: se verificassimo che questi competitors rispettano le regole (quelle del mercato e quelle sociali), almeno in misura maggiore di quanto abbia sinora fatto Ilva, potremmo parlare di concorrenza sleale? E, con buona pace di chi sostiene che il mercato è in grado di regolare ed autoregolarsi, aspettarci che costoro salgano sulle barricate per rivendicare il loro diritto di prendersi la “fetta” mercato di Ilva? Sul mercato e le regole rimando a questo articolo de linkiesta e a questo mio post.
Intanto, sempre in tema di pressioni, il procuratore capo della Procura di Taranto Franco Sebastio, messo sotto scorta, ha commentato “è una cosa molto fastidiosa. Però la scorta non te la metti da solo. La decisione è di altri e a te tocca solo accettarla”.
Capito in che parte di mondo viviamo? Quello delle democrazie occidentali, della libertà e dei diritti.