Emoziona soltanto i vecchi la morte discreta di Neil Armstrong, il primo uomo a camminare sulla Luna in una afosa notte di luglio dell’ormai lontano 1969. Perché a chi era allora già nato resterà impressa per sempre, pur nella povertà del bianco e nero, quella diretta televisiva mondiale. Si compiva con quel gesto e quella sua frase, senz’altro meditata e preparata da tempo (“un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità”), un sogno millenario e apparentemente irrealizzabile.
E la spinta collettiva e universalmente sentita alla conquista dello spazio, alla navigazione nel vuoto astrale, grazie all’intelligenza, alla tecnica e al coraggio dell’uomo, appariva alla sensibilità comune una prova di orgoglio e di sfida che trasmetteva la frizzante eccitazione che nulla era più irraggiungibile, che ogni traguardo immaginato dalla creatività umana diventava a quel punto concepibile. C’era pure, inespresso e pure corposo, il risultato della feroce competizione internazionale fra Est e Ovest, e le loro alternative concezioni della politica, dell’economia e della cultura: ovvero tra la libertà incasinata e piena di difetti del mito americano e la determinazione del dirigismo statalista del comunismo sovietico, che pure aveva aperto la gara allo spazio ed era stato a lungo in vantaggio.
Quell’uomo sulla Luna si inseriva in un clima generale di grandi speranze e di ventate rivoluzionarie, che accompagneranno la parabola del mitico ’68. Infatti, anche se realizzato in una società e da una Superpotenza radicalmente contestata e culturalmente rifiutata, si era dimostrato che “l’impossibile era a portata di mano” e in ogni campo dell’agire umano nulla era più vietato.
Dalla Luna, con grande dispiacere di poeti e di innamorati impoveriti e derubati della fantasia, sono arrivati sinora solo pietre e polvere. E forse anche così si è consumata e disillusa tutt’intera quella generazione che ora si ritrova fallita (ci si è permesso di segnalarlo anche qui a proposito di politica e di informazione) ma che conserva la nostalgia di “aver potuto sognare”, anche se oggi costituisce il “tappo ingombrante” che ferma il ricambio e di fatto impedisce l’affermarsi di nuovi soggetti e di nuove fresche creatività.
La scienza non si è certo fermata e continua a promettere insieme nuove speranze e nuove traguardi (dall’energia alla salute ad altre avventure nei cieli), ma anche nuovi problemi, a cominciare dall’etica. Eppure per chi allora non c’era ancora ha, almeno simbolicamente, rimosso un sogno universale. E forse per le generazioni che adesso avanzano sullo scenario della vita c’è una Luna da “inventarsi” per trovare la grande e affascinante “fatica di sognare…