di Alberto Gioffreda
Eritropoietina. Meglio conosciuto come Epo. Un semplice ormone, prodotto dai nostri reni e che regola la produzione di globuli rossi e quindi di ossigeno ai tessuti. Non è una dissertazione scientifica. Tantomeno sono sicuro di aver compreso, leggendo su vari siti, come agisca esattamente questo Epo nel nostro corpo. Ho imparato solo che ne migliora le prestazioni agonistiche. Altrimenti non si capisce perché tanti sportivi, ultimo in ordine di tempo l’italiano Alex Schwazer, lo hanno assunto. Semplicemente è doping. C’era passato prima di lui già Pantani.
Di Alex Schwazer ho apprezzato l’atteggiamento: l’ho fatto! Ho preso l’Epo! Un’ammissione di colpa alla quale non siamo abituati. Ma l’apprezzamento finisce qui. Se dovessimo fare una rassegna stampa degli articoli scritti oggi sui quotidiani sul doping di Schwazer, i partiti sono due: pietà o un cannone puntato contro l’altoatesino. Sarà eccessivo l’atteggiamento da ‘sbatti il mostro in prima pagina’? Con i poveri cristi sfiorati da presunte colpe, per poi scoprirne l’innocenza, si fa molto peggio. Schwazer era un simbolo dello sport italiano. Oro a Pechino nel 2008 nella 50 chilometri. L’unica speranza seria di medaglia per la nostra atletica in questi Giochi di Londra 2012.
Cercare di trovare una spiegazione sul perché una faccia da così bravo ragazzo si sia fatto un’endovenosa da solo, pensando al discorso del non sapere riconoscere i proprio limiti, la propria età che avanza? No, non c’è giustificazione. Se prendi l’Epo sai a cosa vai incontro. Sai cos’è. Resta il dubbio, da quanto dice Schwazer, di aver combinato tutto da solo. Un’endovenosa non è cosa da poco e devi essere bravo a farla da solo. Bisognerà aspettare che le indagini chiariscano.
Le indagini, altro caso spinoso che dovrà essere risolto. Chi ha scoperto Schwazer? Il nostro Coni? No. Abbiamo dovuto aspettare la Wada, l’agenzia internazionale anti-doping. L’Italia aveva la sua stella dell’atletica che si allenava in Germania e che faceva uso di Epo e ha corso il rischio di mandarlo a correre perché non ha fatto controlli. Petrucci, presidente del Coni, cerca di convincerci tutti che, buttato fuori squadra dopo due ore dalla notizia, dovrebbe farci capire quanto sia forte la nostra lotta al doping. Magari un controllino prima che iniziassero le Olimpiadi. Hai il tempo di assimilare la figuraccia mondiale. Iniziati i Giochi sarebbe già stato nel dimenticatoio. E invece no. Abbiamo un ex campione olimpico dopato e lo scopriamo nel bel mezzo delle gare a Londra. Un ex campione, definito fragile. Ma forse, in fondo, anche un po’ stupido.