In un colloquio concesso allo “Standard”, quotidiano serbo, Marija Milošević parla del padre a distanza di sei anni dalla sua morte, avvenuta all’Aja durante lo svolgimento del processo che lo vedeva imputato per crimini contro l’umanità. Ne riportiamo alcuni stralci, tra retorica e nazionalismo.
(Intervista di B. Simonovic).
Che uomo era Milošević?
Mio padre era il migliore in tutto. Me ne accorgevo immediatamente. E, sfortunatamente, non ero la sola. Dico “sfortunatamente” perché le sue doti generavano invidia negli altri, persino odio. Una cosa che nella storia è sempre avvenuta.
Hai detto che tuo padre non fu mai una minaccia per gli Jugoslavi che desideravano vivere in pace.
Esattamente. Mio padre difese sempre la Jugoslavia all’interno dei suoi confini. La dissoluzione del paese cominciò molto prima che mio padre salisse al potere, quando ancora egli era presidente del Comitato di Partito di Belgrado, ed è quindi assolutamente esagerato attribuirgli la responsabilità esclusiva per quanto accadde, per esempio per la secessione della Slovenia.
Fu Stipe Mesić, all’epoca Presidente del Parlamento Croato, a dichiarare il 5 dicembre 1991 “io ho fatto il mio dovere, non c’è più nessuna Jugoslavia”. Lo stesso anno, il 23 dicembre, la Croazia dava il via quindi alla guerra civile. Qualche mese dopo Tudjman dichiarò, a Zagabria: “non ci sarebbe alcuna guerra se la Croazia non lo volesse, ma siamo consapevoli che solo combattendo possiamo difendere la nostra indipendenza”. Nel dicembre 1991 toccava ad Alija Izetbegović proclamare che “per una Bosnia indipendente”, sarebbe stato “pronto a sacrificare la pace”. La sua decisione spalancò le porte all’arrivo dei “martiri” integralisti pronti a creare il primo stato musulmano in Europa.
E cosa faceva Slobodan nel frattempo?
Slobodan fu uomo di pace per dieci anni. Accettò tutti i compromessi, il piano Cutileiro, i il piano Vance-Owen, il piano Owen-Stoltenberg, il piano dell’Unione Europea e quello del Gruppo di Contatto. Accolse i rifugiati e salvò la Serbia dalla guerra. Non è corretto dire: “Tudjman, Izetbegović e Milošević furono responsabili dello scoppio del conflitto”. Mio padre non aveva nulla in comune con gli altri due.
La tua teoria è che Milošević venne ucciso da un “nuovo ordine mondiale” nel momento in cui diventò per esso troppo scomodo.
Fu esattamente così, oggi si parla persino dei “pilastri” di questo nuovo ordine mondiale.
Era possibile prevedere cosa sarebbe successo? Ci fu qualcosa di “profetico” prima della guerra in Jugoslavia?
Ci fu la “Dichiarazione Islamica” di Alija Izetbegović, un documento che andrebbe letto da chiunque abbia a cuore la pace nel mondo; […] oggi la gente dei Balcani del Sud deve sapere che non esiste più il progetto di una “Grande Serbia”, oggi si sta cercando di costruire – al contrario – una “Grande Albania”.
Ci hai detto che presto apparirà un nuovo libro su tuo padre.
Non sarà un libro su mio padre, ma un libro scritto da mio padre. Ogni parola è sua. A dire il vero, si tratta per lo più delle trascrizioni delle sue deposizioni di fronte al Tribunale Penale per i Crimini nell’ex Jugoslavia, dalla prima all’ultima parola. Il titolo del libro sarà “Optuzujem” (Io accuso). Mio padre accusa coloro che distrussero la Jugoslavia, deliberatamente e violentemente, accusa la NATO che fece strage di civili e che bombardando produsse persino disastri ambientali.
C’è ancora qualcosa da imparare a proposito della Storia “nascosta” di quegli anni?
Nel libro si descrive l’inizio della guerra in Croazia, e poi in Bosnia, si spiega chi sono i colpevoli e quali furono le responsabilità della comunità internazionale nel corso degli anni novanta. Si parla del transito di guerriglieri islamici dalla Bosnia nel Sangiaccato e in Kosovo e Metohija. E, infine, della convinzione di Slobodan che avere la verità come alleata, presto o tardi, ti garantirà la vittoria.