Sabato mattina scorso alle 10.36 a Shanghai, un suono acuto e diffuso è risuonato e si è sentito distintamente in tutta la città. Una sirena insistente che ha raggelato tutti. Era la prima delle tante esercitazioni che il governo sta conducendo per la simulazione di un allarme aereo in caso di attacco sulla città.
Ripetuto tre volte nell’arco di una mezz’ora, l’evento ha fatto ricordare a tutti che forse questa volta non si scherza, e che la Cina è pronta a un conflitto. O almeno vuole lanciare un messaggio.
La crisi che si è creata tra Giappone e Cina sta passando in sordina a casa nostra (le tette di Kate fanno più notizia), ma è cosa seria da non sottovalutare.
Prima del congresso del Partito, che dovrà definire la nuova leadership, su questo scenario si giocano le carte dei contendenti e l’ala più dura potrebbe prevalere, supportata dalle masse di cinesi che continuano a protestare di fronte all’ambasciata Giapponese, ai consolati anche danneggiando auto nipponiche.
Questa situazione sta preoccupando non poco un altro grande player, gli Stati Uniti legati al Giappone da un trattato dove nell’articolo 5 si stabilisce che se le isole venissero attaccate o invase, gli USA sono obbligati ad intervenire. Se non dovessero intervenire, questo potrebbe significare che queste non sono riconosciute come Giapponesi mettendo a dura prova le buone relazioni con il Giappone.
E’ un rompicapo che ha origine nel XIX secolo. Come se oggi mettessimo in discussione la cessione della Corsica alla Francia.
Il Giappone sostiene che le isole disabitate non sono mai state cinesi. Piuttosto, esse sono state semplicemente rivendicate come terra nullius dal Giappone nel 1895 quando il governo le ha indicate come territorio giapponese, da allora chiamate isole Nansei Shoto. Fino al 1970 nessuno le aveva mai pretese fino a quando non sono state trovate risorse energetiche nei loro fondali.
Dopo la sconfitta del Giappone della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti, in occasione del Trattato di Pace di San Francisco tra Tokyo e gli alleati firmato nel 1951, le isole non erano citate direttamente, ma si affermava che “il Giappone consentirà a qualsiasi richiesta degli Stati Uniti di mettere sotto il suo regime di amministrazione fiduciaria, come unica autorità amministratrice l’area di Nansei Shoto a sud del 29° latitudine nord”. Ciò includerebbe le isole e, in effetti, gli Stati Uniti hanno amministrato le isole per diversi anni usandole come poligono di tiro per le loro navi! Né la Repubblica Popolare Cinese, né Taiwan sono state invitate alla conferenza e né Pechino né Taipei erano parti del trattato.
Dall’altra parte, la Cina reclama le isole basandosi su un altro trattato firmato con gli Stati Uniti nel 1943, la dichiarazione del Cairo rilasciata da Winston Churchill, Franklin Roosevelt e Chiang Kai-Shek.
I tre leader hanno convenuto che, dopo la guerra il Giappone dovesse essere spogliato di tutte le isole del Pacifico occupate dall’inizio della prima guerra mondiale nel 1914, compresi i territori sottratti ai cinesi e restituiti a essi.
Un gran pasticcio diplomatico nato dalla confusione di quegli anni che ora rappresenta il famoso nodo al pettine che emerge.
Il braccio di ferro potrebbe essere solo apparente, intanto domani a Shanghai ci sarà l’ennesima manifestazione anti giapponese che sembra quasi un modo per sfogare la rabbia del non riconoscimento della strage di Nanchino perpetrata dai Giapponesi nel 1937 e di cui non si sono mai voluti scusare.
I giapponesi che risiedono in Cina sono visti come nemici. I tassisti non li accettano sui loro mezzi, si è creata una ostilità che si avverte ovunque. Giapponesi che vivono a Shanghai da anni e che conosco si fanno passare per coreani per non ricevere la rabbia della gente..
Sia la Cina sia il Giappone hanno di fronte un cambio di governo al vertice, e sembra che chi farà la parte più dura potrà avere più consenso a casa propria, speriamo non porti alle estreme conseguenze. La Cina deve dimostrare di non recedere per dare un esempio anche al Vietnam e alle Filippine che contendono altre isole del Pacifico alla Cina. Questa potrebbe essere l’occasione di emulare gli Stati Uniti quando vogliono fissare dei principi, e ora anche i Cinesi sono nella posizione per farlo.