Per la prima volta in cinque anni, gli spagnoli affrontano il mese di settembre con la sensazione che non ci sia luce in fondo al tunnel. L’anno scorso le elezioni segnavano un cambiamento: Rajoy spiegava come fosse in grado di governare a dovere la Spagna e prometteva esattamente il contrario di quello che poi ha fatto: alzare l’Iva e tagliare la Sanità. Prima ancora il governo Zapatero si sforzava di vedere piccoli spiragli di luce sul futuro.
Oggi gli spagnoli non credono più né ai miraggi socialisti né alle promesse elettorali: sanno già che questo sarà l’anno più difficile. Ma non certo il peggiore. Nella situazione attuale, con un premier che comincia a farfugliare parole di consenso su un possibile salvataggio in piena regola, gli spagnoli non sanno quanto sarà lunga la traversata nel maremoto economico, tempestato – chissà – dalla Troika.
Quello che sì sanno è che i prezzi sono aumentati, che a dicembre non ci sarà alcuna tredicesima per gli statali, che nelle aule ci saranno più bambini e meno insegnanti, che molti pensionati non avranno la copertura sanitaria per le medicine di rito e che la revoca della tessera sanitaria agli immigrati irregolari ha aperto una polemica morale senza precedenti.
Ogni giorno le voci di studenti, commercianti, medici e funzionari risuonano con rabbia.
Ogni giorno elettori, militanti e perfino dirigenti del Partito popolare mostrano aperta ostilità alla Moncloa.
Tutti a porsi la stessa domanda: se si arrivasse al rescate total, cosa rimarrebbe da tagliare?
3 Settembre 2012