Come già detto qualche articolo fa, la campagna elettorale è in pieno fermento ma più che uno scontro tra due coalizioni opposte di centro-destra e centro-sinistra sembra un affare tutto interno al Pd. Le primarie di coalizione (o di partito, non si è capito bene) designeranno, a meno di colpi di scena, non solo il leader del centro-sinistra ma anche il prossimo Presidente del Consiglio. Stiamo parlando cioè di quella figura che a partire dal 2013 dovrà calmare del tutto i mercati e lo spread con politiche decise, che consentano all’Italia di crescere nuovamente e uscire, finalmente, dalla crisi reale e finanziaria. Non cosa da poco.
E chi potrà essere questo uomo della provvidenza? Bersani? Renzi? Vendola? Tabacci (Tabacci???)? Civati? Eh no, qui c’è qualcosa che non va!
Le elezioni primarie sono una competizione elettorale attraverso la quale gli elettori o i militanti di un partito politico decidono chi sarà il candidato del partito (o dello schieramento politico del quale il partito medesimo fa parte) per una successiva elezione di una carica pubblica.
La ragione delle elezioni primarie è la promozione della massima partecipazione degli elettori alla scelta dei candidati a cariche pubbliche, in contrapposizione al sistema che vede gli elettori scegliere fra candidati designati dai partiti. (fonte Wikipedia)
Le primarie sono quindi un momento di grande democrazia, e hanno sempre ottenuto buoni frutti ovunque siano state sperimentate. Inoltre le primarie garantiscono una grande visibilità mediatica, che in questi tempi è sicuramente un fattore in più da non trascurare.
In Italia invece tutto questo si è tramutato in un grande imbarazzo che non accenna a finire. Prima di tutto le regole del gioco ancora non sono chiare, non si sa bene chi potrà candidarsi e chi no, nonostante i proclami di già ben 9 diversi pseudocandidati; peggio ancora non si sa chi potrà votare: saranno primarie aperte a tutti o ci sarà un elenco di elettori del centro-sinistra? Ma soprattutto oltre ai candidati, le proposte politiche diverse in cosa consistono? Bersani cosa offre di diverso da Vendola? Mbò! Oddio, un’idea così per grossi capi ce la possiamo fare, ma dovrebbero essere loro a presentare i programmi, vero centro di qualsiasi campagna elettorale, e no noi ad intuirli sulla base delle loro passate esperienze politiche.
Una regola ulteriore che ancora non è stata ben chiarita è quali colpi sono concessi e quali no. Bersani fin ora è stato il più “galantuomo“, evitando esternazioni forti e delegittimanti nei confronti dei suoi antagonisti. Meno però lo sono stati sicuramente D’Alema e la Bindi, preoccupati di insultare Renzi, nella speranza di limitarne la sua ascesa ai vertici del partito. E Renzi dal canto suo, pur affermando di sostenere Bersani in caso di sconfitta, non le ha mandate a dire ai “vecchi” del Pd. Insomma, qualcosa in più di una semplice scaramuccia interna. Infine Fioroni ha riproposto un problema, l’inconciliabilità dell’anima più democristiana con quella più di sinistra della coalizione, che già in precedenti esperienze è stata causa di instabilità e crolli clamorosi.
E proprio la grande visibilità mediatica tipica delle primarie in questo caso rischia di essere controproducente al Pd, che meglio avrebbe fatto a lavare questi panni in casa e no di fronte ad un elettorato già scettico e bisognoso di certezze. Qui invece sorgono tanti nuovi dubbi, ed uno in particolare: potrà un partito governare un Paese, quando non riesce a governare il suo interno?