Dopo una lunga pausa italiana, sono di nuovo a Dubai.
Ogni volta tornare disorienta: ormai i luoghi, il calore e l’odore dolciastro dell’aria sono come un avvolgente bentornato a casa. Che subito si scontra con la distanza che si crea tra questo serpentone di luci e cemento stretto tra il deserto e il mare, e chi qui non ci é nato.
Dai ritmi rallentati e cupi di un’Italia che lotta per sopravvivere, atterri qui e tutto sembra smisurato e velocissimo. Ma dove sono finiti i problemi di Dubai? Non si pensa più a una possibile guerra con l’Iran, alla primavera araba che ha contagiato parte della popolazione emiratina, alla crisi economica. Tutto lontanissimo: Dubai non é mai stata così viva e attiva. Spuntano nuovi cantieri e interi quartieri, la fila al controllo passaporti é lunghissima a tutte le ore del giorno e della notte, e ovviamente non si fa cenno all’instabilità politica interna al Paese.
La sensazione, ancora una volta, é quella di un paese che ostenta la propria ricchezza per nascondere i problemi. Che continua ad investire per non crollare. Dubai si prepara alla sua alta stagione (l’inverno) con eventi di ogni genere, cercando di battere l’ennesimo record di turisti. Le gru non si fermano nemmeno la notte. Nuove aziende sbarcano qui cercando rifugio alla crisi che in occidente li seppellirebbe.
Al resto non si pensa. Eppure Dubai, mai come ora, rischia di poggiare solo sulla sua sottile sabbia dorata.