Mentre il cane si strippa lui mi parla di strip. Un ragazzino all’angolo opposto della strada ci fissa. Incuriosito forse dalla sua pelata super lucida. O forse dai miei troppi capelli. Selvaggi. “E dai incontriamoci” – mi ha detto al telefono, col tono liberatorio di quando sei sul water e finalmente quello stronzo che sono giorni che non voleva uscire, beh, finalmente è uscito. Ahah – incontriamoci. Sicché gli ho detto di sì, pure per dargli soddisfazione. Conosco la stitichezza. E poi è agosto, a Roma fa caldo, sono le due del pomeriggio e in giro non c’è nessuno. Gli amici poveri sono dai parents a fare vacanze poor cost. Gli amici ricchi hanno raccontato di low cost eccezionali beccati in internet per intercessione dell’Immacolata (in verità spenderanno un boato di soldi in Brasile, Egitto o Europa del Nord, ma non me lo verranno mai a dire sempre per una questione low – in questo caso profile).
Due più uno fa tre e quindi nessuno verrà a sapere del mio appuntamento col pornodivo. Solo che lui mi ha attratta con l’inganno, anticipandomi che mi avrebbe fatto domande per un sondaggio utile all’organizzazione di una fiera erotica nell’Urbe. E invece ora che mi è davanti, lungo lungo, lucido lucido, depilato e calvo, mi dice che è famoso, che va anche in televisione a parlare di sesso nei programmi che parlano di sesso e che vuole scrivere un libro sui desideri più profondi delle donne, per la serie “quello che le donne non dicono”. L’idea non è sua – precisa – ma di una giornalista in pensione incontrata in tivvù che magari – suppongo – ha qualche dubbio sulla retorica femminile sviluppata da Enrico Ruggeri. Ora però mi sento in imbarazzo. E non per le domande che vuole farmi, ma perché mi sono praticamente presentata in pigiama (un completino shorts e maglietta comprato da Intimissimi che io spaccio per abbigliamento sportivo) e gli ho dato appuntamento fuori alla toeletta del mio cane. Mentre magari questo è davvero famoso ed io sto realizzando un altro autoscatto “da bagno”. Ma quanti film hai fatto, gli chiedo. Faccio questo lavoro da più di dieci anni e ne ho fatti più di un centinaio, risponde. Il panico da ignoranza completa mi assale. E come sarà il protagonista di oltre cento pellicole a luci rosse? Glielo chiedo. Dai me lo devi far vedere, magari è riconoscibile più della tua faccia. Sicché mi dice di sì, che non c’è problema. Entriamo nella sua macchina e si apre i pantaloni. No. Non lo conosco. Mai visto prima. Me ne sarei ricordata. È il primo pisello toelettato che vedo in vita mia. Le misure al garrese sono standard, ma è una specie di cane nudo cinese. Ma perché ti depili?, sono ancora io a fare le domande. È qualche anno che nel settore cinematografico va di moda così, niente peli sulla passera e nemmeno sul pene. Bisogna assecondare i gusti degli spettatori, mi spiega.
A questo punto mi sento più in intimità e sono disposta a cedere a lui il microfono. Ne approfitta, richiude i pantaloni e tira fuori un registratore vocale. Il gioco è questo: mi battezzerà con un nuovo nome (per garantire il rispetto dell’anonimato) poi mi farà alcune domande e le mie risposte andranno ad imprimersi nella memoria digitale del supporto come una sequenza di numeri discreti, rispettosi perciò anche questi della privacy.
Raffica di botta e risposta. Il mio nome è Maria. Sei fidanzata – Sì. Da quanti anni – Sette. Tradito – No. Nemmeno un pensierino – Diversi pensierini. Fate sesso – Beh sì. Con quanti uomini in totale hai fatto sesso – Tre. Qual è la tua posizione preferita – Non ho una posizione preferita, in generale mi fa piacere se il mio partner tiene presente che ci sono anche io. Il tuo sogno erotico più ricorrente – Il babà al rhum fatto in casa da nonna. Hai mai fatto sesso a tre – No. Con più di tre – No. Con una donna – No. Cos’è che deve avere un uomo per eccitarti – I peli, tutti al loro posto. Il posto più strano in cui hai fatto sesso – Boh, forse il bagno per disabili dell’Ikea, la fila alle casse era troppo lunga. Fine delle domande.
Ora se ho qualche curiosità posso chiedere io a lui. Solo che sono un po’ sfatta. Questo scopatore professionista con le sue interrogative mi ha fatto sentire come l’amico marrone che galleggia nell’acqua blu del mio cesso bianco. Espulsa, dopo una settimana di travaglio. Una noiosissima merda. O almeno questo mi sembra di essere stando alla faccia delusa che mi rivolge. Mi aspettavo di più da una che mi ha fatto abbassare i pantaloni, sembra pensare. Non me lo dice, piuttosto “hai dei bellissimi occhi”, conclude. Ed io trovo che questa frase suggelli e sigilli al meglio la banalità della sveltina verbale che abbiamo appena consumato. Ti piace il tuo lavoro? Sì. Perché? Perché faccio sesso con moltissime donne e mi pagano pure. E mentre lo dice ha un’aria stanca. Insomma, ad una battuta del genere un qualsiasi sceneggiatore medio della vita media che recitiamo imprimerebbe un tono entusiasta. Invece lui niente, reagisce piatto e caccia fuori uno sguardo da cane bastonato. E allora capisco che è un uomo solo, che per la singolarità del suo lavoro ha pochi amici e spesso viene pregiudizievolmente bistrattato dalla gente comune che vive nei luoghi comuni. Mi guardo intorno e noto che l’auto è estremamente pulita e non c’è niente sul cruscotto, niente nelle tasche laterali delle portiere, niente poggiato sui sedili posteriori. La usa solo per andare a lavoro, mi racconta. Così me lo immagino arrivare sul set con la sua macchina purissima. E dopo una decina di scopate rimettersi pulitissimo al volante e tornare verso casa.
Alla fine lo abbraccio, lui mi ringrazia. Gli chiedo che programmi ha per la serata, vorrei invitarlo a cena, diventargli amica. Mi dice che è rientrato da una settimana dalla Turchia dove è stato un mese a girare un film nel quale si è scopato di tutto, pure le pecore. Allora è stanco e vuole riposare. Ci salutiamo. Nemmeno lo shampoo, penso, mentre vedo la sua testa calva guidare sempre più lontano da me, nemmeno lo shampoo mi sono fatta.
Diàmitros (illustrazione di Mariagiulia Colace)