Lo scorso fine settimana, durante la festa della Lega, Brescia ha assistito all’ennesimo esercizio di vanagloria dei presidenti regionali Formigoni, Zaia e Cota. Nonostante la grave crisi sociale ed economica che attanaglia anche Lombardia, Veneto e Piemonte, dai presidenti è mancato il benché minimo senso della realtà e di autocritica.
Per certi versi è sembrato di assistere alle parate di “fascisteggiante” memoria nelle quali, al posto dei carri armati di latta, i governatori enunciano sterili statistiche non confortate da dati e riscontri reali e lanciano proclami populistici e progetti fantasmagorici, come quello dell’euroregione con Svizzera e Baviera, al solo scopo di far dimenticare i loro clamorosi insuccessi politici.
La realtà, al contrario, è molto grave: le Regioni sono diventate, sotto molti aspetti, una fotocopia in negativo dello stato centrale. Centri di spesa che sperperano quantità abnormi di denaro dei contribuenti offrendo in cambio servizi di scarsa qualità, luoghi dove i partiti controllano persino le nomine dei primari ospedalieri, dove la scarsa trasparenza amministrativa non consente al cittadino un adeguato controllo dell’utilizzo delle risorse impiegate.
Negli ultimi dieci anni, il costo della sanità è quasi raddoppiato. Al contempo, si susseguono scandali che coinvolgono assessori, consiglieri regionali e dirigenti pubblici che fanno intuire a chiunque la causa di questa esplosione della spesa pubblica. Per questo, sarebbe stato legittimo attendersi dai tre presidenti un minimo di autocritica, accompagnato da una seria riflessione sul fallimento della loro azione, sulla questione settentrionale e sulla riforma federalista.
L’ambiguità, l’asservimento e la connivenza con le logiche di dominio della Lega ormai non stupiscono più. Sull’appoggio di questo partito si esalta la vicenda formigoniana in Lombardia. Un partito, la Lega, nato per cambiare il sistema e ora diventato la stampella della conservazione, uguale o addirittura peggiore dei partiti della Prima Repubblica. Un partito oggi completamente assorbito dall’occupazione dei posti di potere nella sfera pubblica. Questa pessima parentesi della politica italiana è al capolinea. Ora è tempo di ridare speranza e il futuro passa attraverso la credibilità, la correttezza, la coerenza, la concretezza, la cultura e la competenza di donne e uomini lontani anni luce dai facili populismi e dalla becera propaganda.
Signor Rossi