Due anni fa il Manifesto “Verso Nord” veniva lanciato da Mogliano Veneto, culla e tomba dell’inganno leghista a milioni di elettori, con l’espresso obiettivo di concorrere a costruire una nuova offerta politica liberale e riformista che potesse dare una nuova rappresentanza alla maggioranza silenziosa del paese. Oggi quel progetto comincia a prendere forma e solidità politica. “Italia Futura” ha costruito, nelle regioni del Nord in leale collaborazione con Verso Nord, una rete territoriale diffusa su tutta la penisola, mentre “Fermare il Declino” di Giannino e altre personalità accademiche ha raccolto migliaia di adesioni ad un coraggioso manifesto riformatore. I mondi produttivi, le rappresentanze sindacali più coraggiose, le testate giornalistiche indipendenti, buona parte dell’associazionismo cattolico sensibile agli appelli partecipativi del mondo ecclesiale ma preparato all’incontro tra laici credenti e non credenti, si stanno avvicinando con crescente partecipazione a questa nascente esperienza politica.
Le cose da fare sono già definite. Il Governo Monti le ha solo cominciate e andranno completate con le seguenti priorità:
– la dismissione del patrimonio pubblico per ridurre l’indebitamento;
– la liberalizzazione dei mercati chiusi per dare parità di chance a tutti;
– la sburocratizzazzione della pubblica amministrazione per favorire gli investimenti;
– la riduzione del perimetro dello stato;
– l’eliminazione degli sprechi nella spesa pubblica.
Questi punti hanno in comune l’obiettivo di ridurre le tasse e introdurre flessibilità nel mercato del lavoro accompagnandola con una maggior protezione sociale per tutti i lavoratori, senza le discriminazioni del passato.
Nella sua complessità e articolazione, il movimento ha dimostrato di poter contare su una pluralità di autorevoli e giovani competenze capaci di rappresentare una solida ossatura della prossima squadra di governo: nelle prossime settimane potrà presentarsi nelle piazze di tutte le città italiane con un programma e raccogliere le iscrizioni di chi vuole dare il proprio contributo per salvare l’Italia.
Cosa diremo alle persone che si fermeranno ai nostri banchetti? Che chi c’era prima di noi ha dilapidato il grande patrimonio di imprenditorialità, lavoro e risparmi privati degli italiani ma che abbiamo fiducia nella capacità delle nuove generazioni di ricostruire il Paese come nel dopoguerra. Che la nostra rabbia e indignazione la vogliamo trasformare in un programma civico di governo, senza affidarci ai tribuni e demagoghi di turno. Che dobbiamo dirci la verità, il paese esce da anni di declino e quindi il rigore, equamente distribuito e accompagnato ad una guerra senza quartiere all’evasione fiscale, non è soltanto una necessità contingente ma una scelta consapevole per consentire ai nostri figli di restare a studiare e affermarsi professionalmente nel loro paese. Che per questo siamo disposti a metterci la faccia, a presentarci alle elezioni per chiedere il voto e, se riceveremo il consenso degli italiani, a governare il paese per poi tornare alle nostre professioni. Che la condizione per attuare questo ambizioso programma è un radicale rinnovamento della classe dirigente e che le nostre liste saranno composte solo di facce nuove, di amministratori che hanno dato prova di credibilità nelle loro città, di esponenti dei mondi vitali e produttivi del paese, di giovani e di donne.
Il Nord e il Sud dell’Europa, esattamente come il Nord e il Sud d’Italia, marciano a velocità sempre più diverse. Chi, come noi, vuole tenere unita sia l’Europa che l’Italia non può sottrarsi alla soluzione di questo gigantesco problema, soluzione che alberga solo in un disegno di organizzazione federalista sia della casa europea sia della casa tricolore. Un federalismo competitivo e solidale dove però, a Bruxelles come a Roma, venga sancito il principio che chi mette la benzina per correre – in forma di maggior gettito e aiuti alle regioni più arretrate – ha anche il diritto di tenere il volante dell’auto – e pretendere che gli aiuti vengano erogati solo a fronte e a beneficio di amministrazioni virtuose e non spendaccione.
La costruzione degli Stati Uniti d’Europa nel 2018 (a un secolo dalla fine della Grande Guerra) e di un’Italia federale che facciano proprio il metodo della contropartita aiuti/cessione di sovranità rappresenta probabilmente l’unica via percorribile per evitare che le crescenti differenze tra Nord e Sud d’Europa e d’Italia ci conducano in pochi anni a uno scenario balcanico. La nuova offerta politica che stiamo costruendo non potrà eludere questa priorità, anche e soprattutto a beneficio dei territori, in Europa e in Italia, oggi più arretrati e domani chiamati ad una prova di reazione virtuosa di buon governo.
Signor Rossi