Una lezione di umiltà

Più di ogni altra cosa, Yom Kippur è una lezione di umiltà, perché non solo esige che chiediamo perdono ma ci costringe anche a riconoscere che facciamo errori e che non sempre abbiamo ragione come...

Più di ogni altra cosa, Yom Kippur è una lezione di umiltà, perché non solo esige che chiediamo perdono ma ci costringe anche a riconoscere che facciamo errori e che non sempre abbiamo ragione come ci piace credere. Questa richiesta di perdono è dolorosa, perché ci impone di dubitare di noi stessi. Ammettere che abbiamo fatto un errore non è il nostro primo istinto. La maggior parte delle volte abbiamo una così sicura opinione di noi stessi che crediamo sempre di avere ragione e che tutti gli altri sbaglino. Ma Dio sa che solo a lui spetterebbe il compito della giustizia, perché alla fine l’uomo finirà per abusarne. La maggior parte degli eventi terribili della storia si sono verificati perché la gente era certa di avere ragione.
Quindi una volta all’anno Dio ci ricorda che la maggior parte degli omicidi, delle guerre e delle ingiustizie sono state commesse da persone che si erano dette a loro stesse di essere in lotta per la giustizia.
Può sembrare impossibile ai nostri occhi, ma i nostri peggiori nemici sono assai convinti di avere ragione. La sporcizia umana che ci circonda – Hamas, Hezbollah, Iran, Jihad, al-Qaeda – se venissero sottoposti alla macchina della verità e se si domandasse loro se hanno ragione, l’ago non si sposterebbe alla risposta “sì”. E quando verrà loro chiesto perché sono così sicuri di avere ragione, questo gruppo spregevole risponderà: “Perché Dio ce lo ha detto”. O, come diciamo in Medio Oriente: “Il mio Dio è migliore del tuo Dio”. Non vi è alcuna speranza nel convincere loro che stanno sbagliando e che stanno semplicemente cercando di giustificare atti atroci. Ognuno di noi ha un’innata inclinazione a fare cose cattive in Suo nome.
“Dove ho sbagliato?”
Anche in Israele ci sono decine di versioni di Dio: il Dio degli Ashkenaziti ultra-ortodosso, il Dio dei Chassidim, il Dio di coloro che indossano kippah fatte a maglia, il Dio di coloro che indossano grandi kippah bianche e il Dio di coloro che portano le loro piccole kippah; c’è il Dio degli ebrei in Samaria che non devono essere evacuati, il Dio del Rabbinato Militare, che seppellisce i soldati russi al di fuori terreno del cimitero, il Dio delle donne riformiste che vogliono pregare al Kotel avvolte in un Tallit e il Dio degli ebrei religiosi che vogliono lanciare pietre contro queste donne.
Devo continuare? Vi è il Dio di coloro che baciano mezuzot e coloro che pregano presso le tombe dei Giusti, il Dio dei tradizionalisti che vanno a vedere un film subito dopo il Kiddush del venerdì sera, il Dio degli appassionati del Beitar Gerusalemme, che sconfigge il Dio dei sostenitori del Maccabi Haifa.
Questi gruppi sono molto diversi gli uni dagli altri e a volte è difficile credere che sono tutti parte della stessa nazione, dello stesso libro, dello stesso insieme di leggi. L’unica cosa che hanno in comune è che sono tutti convinti che la loro versione è quella corretta e che tutti gli altri stanno dicendo delle sciocchezze.
Che arroganza.
Questo orgoglio esagerato è il motivo per cui abbiamo bisogno di Yom Kippur così tanto. In modo che tutti coloro che dicono che solo loro capiscono Dio dovranno chiedere perdono. Perché il Dio di Israele ha deciso di salvarci dalle nostre debolezze e ci ha dato il giorno più sacro del giudaismo per impedirci di diventare vittime della nostra stessa arroganza. Ci ha dato un giorno all’anno in cui dobbiamo fermare tutto e ricordare a noi stessi che a nessuno è permesso di parlare in suo nome. Dio ci ha comandato di mettere tutto in attesa e guardare a noi stessi con coraggio e onestà. “Io non vi permetterò di usare il mio nome”, ha detto Dio, “per giustificare il razzismo e l’uso della violenza o usarmi come scusa per scatenare i vostri istinti più oscuri”.
L’ebraismo è una religione di scelta. Questo fa parte della sua forza morale. Ma non c’è scelta senza dubbio. Non c’è scelta senza cercare di capire la posizione degli altri. La capacità di chiedere perdono è anche la capacità di accettare l’altro, di accettare il fatto che lui è diverso e ha la sua propria giustizia. Chiediamo perdono non solo per le nostre cattive azioni, ma poiché nel momento in cui le abbiamo commesse non ci eravamo resi conto che erano cattive azioni.
Perché abbiamo bisogno di un giorno speciale, al fine di guardarci dentro? Perché di solito non lo facciamo. Perché è più facile dire a noi stessi che abbiamo ragione, che non ci capiscono, che Dio ce lo ha detto.
Ma Dio non ci ha detto proprio niente. Al contrario, egli ci ha mandato in sinagoga durante questo giorno in modo tale che possiamo torturare le nostre anime con la domanda: “Dove abbiamo sbagliato?”
Perché le persone che si chiedono: “Dove ho sbagliato?” sono intrinsecamente migliori di quelli che dicono, “ho sempre ragione!”

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