Navigando on-line per portare avanti inchieste e reportage, mi sono imbattutto per caso in una lettera sul giornale on-line “Affari Italiani”, firmata da Tiziana Maiolo, onorevole transitata dal Partito Comunista al Pdl, professione giornalista.
I più la ricorderanno per la sua uscita secondo cui sarebbe “più facile educare un cane che un bimbo rom“. In questa sede il problema però non è questo. Ma un altro, credo ben più serio. Nella lettera la Maiolo si lamenta del fatto che sulla mafia al nord i giornalisti, ospiti di una trasmissione RAI, siano tutti d’accordo nel constatarne l’esistenza. Contesta, insomma, che i giornalisti non abbiano la capacità di dubitare sulle “versioni ufficiali”, come faceva lei, preparatissima cronista negli anni ’70. Ci tiene a ricordare per altro un caso che nulla ha a che vedere con tutto ciò cioè il caso Pinelli.
Non so se la signora Maiolo abbia mai letto una mezza riga delle investigazioni dell’antimafia meneghina, e mezza riga di quello che hanno scritto anche alcuni cronisti. Ecco, se lei avesse letto anche mezzo faldone di queste inchieste, capirebbe che le “versioni ufficiali” ci sono, e i dubbi, se avesse letto qualche inchiesta, oltre ad aver guardato la “vita in diretta” sono stati espressi e ce li siamo posti. Ho passato ore nelle ultime settimane a leggere carte e fare telefonate per un dubbio.
Si risente perché Stefano Zurlo, cronista de Il Giornale parla delle “inchieste del Pubblico ministero Ilda Boccassini come se fossero oro colato”. Un vero dramma insomma. Cosa si dovrebbe contestare di queste inchieste? Maiolo non ce lo dice.
Ma poi capiamo dove vuole andare a parare: sullo scioglimento del Comune di Reggio Calabria per le infiltrazioni “di mafiosi nelle società di gestione di alcune partecipate del Comune”. “E, indovinate un po’? – fa notare Maiolo che non ha perso il fiuto del cronista. Il loro ingresso risalirebbe all’anno 2000, quando la città era governata dalla sinistra”.
Perfetto, facciamolo notare, legittimo. Esprimiamo dubbi pure sul centrosinistra che non può essere lindo e perfetto. Ma che c’entra rilevare questa cosa col fatto di dubitare sull’esistenza della mafia al nord? Quale dubbio dovrebbe venire ai cronisti che da anni (e non uno o due, ma di più), si trovano a documentare i misfatti degli uomini del disonore a Milano e dintorni? E non sono solo “versioni ufficiali”, come le chiama Maiolo.
Certo un giornalista poi si interroga sempre sul fatto che magari la maxi-operazione presentata come la decapitazione delle cosche al nord, o che sia l’indagine che ha ricostruito l’organigramma della ‘ndrangheta, sia un po’ pretenzioso, ma sul fatto che questo fenomeno esista, cara Maiolo, io il dubbio, dopo anni che lo indago, non me lo pongo più. Poi c’è il nome e la persona sbagliata che finiscono nel tritacarne, ed è compito nostro renderne conto, ed io personalmente, per quel che un giornalista può indagare ho sempre cercato di renderne conto. Farsi domande e porsi dubbi per altro è la base di questo mestiere, altrimenti dovremmo prendere per buone autocombustioni e “incidenti”.
Lei fa parte delle istituzioni. Mi viene in mente una frase di Giovanni Falcone con cui sono d’accordo a metà. E dice «La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni». Ecco, io con la prima parte sono in disaccordo, e credo che finchè l’umanità sarà su questa terra la mafia esisterà (vede, un giornalista può perfino essere in disaccordo con un magistrato). La seconda parte invece, la dedico tutta per rispondere alla sua lettera, in cui ha provato, invano mi spiace, a dare una lezione di giornalismo. Dubito che forse il fatto che sia “un fenomeno terribilmente serio”, non l’abbia sfiorata.
Twitter: @lucarinaldi