Profumi, dolcificanti, veleni per topi, sostanze che si trovano in aspirine e altri medicinali contro il raffreddore. In una dose di cocaina o di eroina si trova anche questo: tracce di prodotti legali ridotti a brodo per allungare o per produrre la sostanza stupefacente. La Direzione centrale per i servizi antidroga li chiama “precursori”: “Si intendono tutte quelle sostanze che non sono stupefacenti, ma che possono essere usate in processi industriali per raffinare la droga e ‘tagliarla’”. La purissima pasta di coca prodotta con la lavorazione delle foglie di coca dai campesinos colombiani, peruviani e boliviani, prima di diventare “polvere bianca” viene mescolata con anfetamine (psicostimolanti) e veleni. Senza precursori, la droga sarebbe solo pura: i fatturati delle mafie sarebbero minori, perché ne circolerebbe meno. Non si moltiplicherebbero nemmeno le “smart drugs”, le droghe da laboratorio. La droga sarebbe prodotta in un numero limitato di Paesi, al contrario di quanto accade adesso, dove le raffinerie fioriscono anche dove non ci sono foglie di coca e piantagioni di oppio.
“La sfida del limitare il traffico dei precursori è che sono usati sia per scopi legittimi che illegittimi – scrive in una nota l’Unodc, l’agenzia antidroga delle Nazioni Unite -. L’obiettivo del controllo del mercato è mantenere un equilibrio tra la prevenzione dell’abuso per la produzione di stupefacenti e il sostegno del commercio lecito, che va preservato”. Il nodo è stato affrontato dalla Commissione europea con due proposte, il 27 settembre. La prima ha due obiettivi, efedrina e la pseudoefedrina. Sono due sostanze che di solito si trovano in medicinali contro le allergie, ma sono la base per la produzione di ice, meth, speed e altra droghe da laboratorio. Così la Commissione chiede di controllare non solo queste sostanze “pure”, ma anche i medicinali che le contengono. Il secondo nemico è l’anidride acetica, utilizzata legalmente per produrre pellicole e aspirine. I narcotrafficanti, invece, la impiegano per lavorare l’eroina. La Commissione europea chiede di istituire una banca dati europea delle imprese che trattano questo materiale, mentre finora esistono solo registri nazionali.
Le rotte dei precursori
È il 30 aprile 2012. La porta container Brianna sta attraversando il Golfo di Veracruz, stracolma. Le autorità messicane la intercettano: a bordo, nascosti in due container, ci sono 32 tonnellate di monometilammina, un gas incolore, tossico, infiammabile che sembra in tutto e per tutto ammoniaca. Ed anche uno dei precursori più diffusi al mondo, soprattutto per le droghe sintetiche.
Proviene dalla Cina, un Paese dove al giorno – stimano le autorità – si producono ogni giorno 273 tonnellate (100.000 l’anno). Il mercato dei precursori chimici costruisce così una rete di rapporti criminali che collegano i cartelli messicani alla mafia con gli occhi a mandorla. Questa relazione alimenta la produzione di precursori che a loro volta hanno ridotto la Cina non solo in un Paese di transito, in un polo di export di precursori. La Cina è diventata un Paese dello sballo da mdma, da funghi allucinogeni e altre porcherie chimiche.
Dall’India al Triangolo d’oro, passando per la Cina. I mari dell’Asia meridionale sono la via dei precursori. Nonostante la povertà delle popolazioni che la abitano, l’area è oggi un mercato della droga chimica. Colpa dello smercio – legale – dei prodotti chimici. Bastano questi a produrre “la roba”. Non servono piantagioni di coca o di oppio, è sufficiente un laboratorio. E la droga diventa una sostanza producibile ovunque.
Myanmar, Laos, Bangladesh: dai tre vertici del Triangolo d’Oro si dipanano le rotte che conducono i precursori in Afghanistan, in Europa e nelle Americhe. Sono Paesi dove l’attività delle dogane è deficitaria, dove con il denaro è facile comprare il silenzio. Per l’India, vale lo stesso discorso: la fragilità del Paese ha moltiplicato i traffici di materiale lecito usato per scopi illegali. Un altro centro produttivo è la Germania, non certo a causa delle scarse capacità delle sue forze dell’ordine. Il motivo, in questo caso, è la vicinanza con le raffinerie del Nord Europa, assetate di precursori.