Elezioni politiche decisamente singolari. Quelle che si svolgeranno in aprile per rinnovare il Parlamento della terza economia europea avvengono in un contesto congiunturale senza precedenti. L’Italia è nella quarta recessione dal 2001 e l’economia ha registrato una contrazione in dieci trimestri dal 2007. Se a questo aggiungiamo un indebitamento al 127,8% del Pil stimato dal Fondo monetario internazionale nel 2013, emerge il ritratto di un Paese economicamente molto fragile e con stretti margini di manovra sulla politica economica.
I sondaggi degli ultimi giorni rilanciano l’ipotesi di uno scenario frammentato, senza una chiara maggioranza parlamentare. Un’impasse politico nuocerebbe al Paese e potrebbe innervosire i mercati.
Un risultato elettorale inconcludente potrebbe avere effetti sui bond, dopo che i rendimenti dei BTp decennali sono scesi del 17% dal 31 agosto scorso e di circa il 25% dal novembre scorso, quando Mario Monti divenne Premier. Gli esperti, comunque, non prevedono scossoni.
Il merito di Mario Monti è stato quello di aver parlato la lingua dei mercati finanziari (un po’ meno la lingua di “Main Street”, tanto per restare in tema di questo blog) e ciò ha avuto un effetto stabilizzante sulla traiettoria esplosiva del costo del servizio del debito italiano. Il Premier ha avviato un processo riformatore che deve essere ancora valutato nella sua piena efficacia. Di pari passo ci sono stati gli interventi della Bce che hanno ridotto il rischio sistemico, malgrado i titoli di Stato italiani siano ritenuti ancora troppo rischiosi dai gestori dei fondi pensione Usa o dei patrimoni delle università americane. Se la Spagna dovesse formalizzare la richiesta di aiuti, l’Italia potrebbe beneficiarne nel breve termine, proprio a ridosso della competizione elettorale.
Gli elettori italiani vogliono legittimamente eleggere il Premier, ma le elezioni (e le rielezioni) sono spesso la radice dell’abuso della politica, della crescita della spesa pubblica. Il mercato valuta positivamente l’idea di un blocco moderato che possa convergere intorno all’ipotesi di un secondo mandato del Premier attualmente in carica, che è visto come un argine al rischio politico, un antidoto all’abuso della politica.
Che il Premier sia Monti o Bersani o Renzi, la volatilità dei BTp è destinata a ridursi. La febbre dello spread è destinata a calare, per effetto delle misure che la Bce ha messo in campo per sostenere, nei fatti come un prestatore di ultima istanza, i Governi che si impegneranno a completare il risanamento dei conti pubblici e la realizzazione delle riforme strutturali. E ciò renderà più difficile, nello scenario post elettorale, una discontinuità della politica economica e il venir meno degli impegni assunti con l’Europa.
Le elezioni non saranno una iattura, anche se la campagna elettorale alimenterà inevitabilmente l’incertezza politica. Naturalmente, l’Italia risolverà gran parte dei suoi problemi solo quando l’economia si sarà rafforzata e sarà meno dipendente dalle esportazioni. Per invertire la rotta non basta la Bce accomodante, ma serve la buona politica, in cui i partiti cambino pelle e smettano di esistere come costose e corrotte macchine per la competizione elettorale.
16 Ottobre 2012