Sono le 23 del 16 ottobre quando sui media colombiani iniziano a vedersi le foto della delegazione governativa in partenza per Oslo. La missione impossibile è portare a casa una pace con le Farc, la guerriglia comunista che dagli anni ’70 ha cominciato a sostenere l’attività rivoluzionaria con i sequestri e con il narcotraffico. Tra guerriglia e forze armate si scatena la guerra: 48 anni di conflitti, 120 mila morti. Quattro volte (1954, 1982, 1989-1991 e 1998-2002) Bogotà ha provato a trattare con le Forze armate rivoluzionarie. Con quattro insuccessi. Il presidente Josè Manuel Santos cerca un risultato laddove i suoi predecessori hanno fallito. Primo fra tutti, l’ex presidente Alvaro Uribe (che non ha mai nemmeno ipotizzato un dialogo di pace con i guerriglieri), di cui è stato ministro della difesa fino alla sua elezione nel 2010.
La missione diplomatica si svolgerà in Norvegia, Paese europeo ma non nell’Unione, che afferma di poter garantire un ruolo super partes nelle trattative per il cessate il fuoco. Come osservatori, saranno presenti anche Cile e Venezuela. Dopo i colloqui di Oslo, ci sarà una seconda fase di negoziati a L’Avana, dove il 23 febbraio le parti in causa avevano già steso una road-map preliminare.
Governo colombiano e Frac dovevano iniziare a parlarsi lo scorso 8 ottobre, ma, secondo le dichiarazioni ufficiali, sembra che la delegazione di guerriglieri comunisti abbia avuto problemi per l’organizzazione del viaggio, causa maltempo. Più probabile appare l’ipotesi di un braccio di ferro con Bogotà per trovare un accordo sulla presenza di Tanja Nijmejer, 34enne di origine olandese, che si è unita alle Farc nel 2002 dopo aver varie volte visitato la Colombia per i suoi studi di filologia ispanica. A quanto sostengono gli uomini di Santos, non potrà partecipare alla seconda parte dei negoziati in quanto straniera.
La road map cubana
Il documento redatto in febbraio indica già quali sono le condizioni per la fine delle ostilità. Sono sei i punti individuati dalle parti in causa, perché la pace si completi:
1. “Sviluppo agrario totale. È fondamentale per dare impulso a uno sviluppo equo delle diverse regioni rurale.
2. Accesso e uso della terra. Mappatura terreni improduttivi. Distribuzione della proprietà tra i contadini.
3. Realizzazione infrastrutture e accesso ai terreni coltivabili.
4. Sviluppo sociale: scuola, salute, alloggi, sradicamento della povertà nelle regioni.
5. sviluppo dell’agricoltura, della zootecnica e dell’industria solidale e cooperativa. Sussidi. Credito.
6. Sistema di sicurezza alimentare”.
A questo le Farc aggiungono la richiesta di impunità per chi conduce la trattativa politica e la revisione della situazione giudiziaria dei leader in prigione. Ma la parte decisiva è quella che riguarda la produzione di cocaina. Il governo nel documento s’impegna ad eliminarne le piantagioni e abbattere finalmente il narcotraffico. Dove non è riuscito il Plan Colombia, ci proveranno le forze del dialogo. In più, l’amministrazione Santos s’impegna a fare luce sui morti nel conflitto )il caso più eclatante sono stati i falsos positivos, in epoca Uribe), oltre che a debellare alla radice tutti i gruppi paramilitari, compresi quelli vicini ai conservatori. La storia insegna che i rapporti vanno recisi non solo con i guerriglieri di sinistra, ma anche con le Auc di Salvatore Mancuso e gli altri gruppi di estrema destra che negli anni si sono aperti dei canali tra politici e servizi segreti deviati.
Il grande negoziatore
Il Governo di Bogotà affronta l’exit strategy del conflitto con la guerriglia in un momento di forte consenso. L’economia vola e le proiezioni danno per il 2012 la Colombia al terzo posto dei Paesi più ricchi del Sudamerica (previsto un Pil di 362 miliardi di dollari contro i 342 di Buenos Aires). I guerriglieri comunisti, invece, sono ridotti ad un manipolo di 7-8mila unità sparse negli angoli più remoti del Paese. Eppure la road map, soprattutto in virtù della mano di Cuba e Venezuela, rimette in agenda parte di quelli che erano i motivi del successo delle Farc, prima di tutto la riforma agraria e la terra ai contadini.
Le Forze armate rivoluzionarie arrivano ai tavoli di pace dopo che l’esercito ha annientato tutti i leader storici del movimento: l’ultimo, Alfonso Cano, il 5 novembre 2011, con un blitz coordinato da esercito e Cia nel dipartimento di Ceuta, vicino a un centro abitato chiamato Lopez de Micay. Al suo posto le redini del movimento sono andate a Simón Konstantinovich Timoshenko, considerato molto più violento del predecessore. Come previsto, Timoshenko ha imbracciato le armi fino ad aprile 2012, per poi cambiare di nuovo strategia.
Ma la vera intelligenza grigia che porterà avanti la trattativa si chiama , indicato in un primo tempo come l’erede naturale di Alfonso Cano. Classe ’55, nelle Farc da quando ha 22 anni, Marquez è indicato dal sito Colombia reports come l’uomo del dialogo. Già nel 1999 ha partecipato ad un tavolo con l’allora presidente Andres Pastrana. La delegazione di guerriglieri è partita per Oslo da Cuba.