Spin DoctorGrillo e Berlusconi. Così diversi, così uguali

Berlusconi e Grillo? Mai due personaggi politici sono sembrati così distanti. Storie personali, professionali, politiche, decisamente agli antipodi l’una dall’altra. C’è una cosa, però, che li acco...

Berlusconi e Grillo? Mai due personaggi politici sono sembrati così distanti. Storie personali, professionali, politiche, decisamente agli antipodi l’una dall’altra. C’è una cosa, però, che li accomuna: l’aver messo a soqquadro a distanza di vent’anni l’uno dall’altro la politica italiana imponendo narrazioni fra loro diverse ma ugualmente rivoluzionarie, nuove, in grado di attecchire tra le macerie dei partiti tradizionali.

Lo schema narrativo adottato dai due è pressoché identico: i buoni (gli italiani) per congiungersi con il proprio oggetto di valore (l’Italia efficiente, libera, meritocratica ecc.) devono sconfiggere i cattivi (i politici di professione, i partiti, la vecchia politica, la casta) ma per riuscirci hanno bisogno di un eroe (Berlusconi/Grillo) che decide di farsi carico dell’impresa e mettersi in gioco.

Lo sviluppo della narrazione grillina differisce molto da quella berlusconiana, ma è nel profondo della struttura narrativa che emerge la perfetta sovrapponibilità delle due storie politiche.

Entrambi entrano sulla scena quando i partiti sono al punto più basso della loro credibilità ma non lo fanno alla cieca. Berlusconi con le sue tv ha creato in quindici anni quell’humus culturale di cui incarnerà il perfetto protagonista anche sulla scena politica. Grillo lo fa coi meet up, riempendo teatri e piazze coi suoi spettacoli. La narrazione politica dei due non è altro che la trasposizione dei loro linguaggi (televisivo B, di protesta teatrale G) nell’arena politica: il Berlusconi patinato di Una storia italiana è il protagonista di una delle telenovelas mandate in onda da Canale5 o Rete4. Il Grillo che riempie le piazze in Sicilia è l’opinion leader, anzi l’influencer, per usare un termine nuovo, dei teatri e dei social nework e delle comunità virtuali.

I modelli di leadership sono apparentemente agli antipodi: Berlusconi è il leader unico e solo, Grillo dice di essere solo un megafono della gente. Due modelli speculari, uno discendente dall’alto verso il basso (quello dell’ex premier) un altro ascendente dal basso verso l’alto (quello grillino) ma nella sostanza si tratta di due dinamiche leaderistiche in cui la sovrapposizione tra leader e movimento è pressoché totale. Non esisteva Forza Italia senza Silvio. Non esisterebbe Movimento5Stelle senza Beppe.

Berlusconi ci mette la competenza dell’imprenditore e una squadra di professionisti, Grillo il piglio rivoluzionario del comico impegnato e la gente comune. Berlusconi agita lo spauracchio dei comunisti, Grillo organizza i VDay. Tutti uniti contro la politica dei partiti. Ma soprattutto entrambi ci mettono la notorietà, elemento determinante per fare del loro schema narrativo una narrazione efficace e vincente. L’essere personaggi conosciuti, celebri, uomini, ognuno a suo modo, di comunicazione è l’elemento determinante per avere successo. È la chiave che apre le porte di giornali e tv, l’elemento intrinseco della loro proposta politica. Il Berlusconi che decide le inquadrature per valorizzare il suo profilo migliore non è molto lontano dal Grillo che attraversa lo Stretto a nuoto o che non parla coi giornalisti sapendo che così loro parleranno di lui.

La strategia comunicativa di Grillo si fonda sull’evoluzione tecnologica del mezzo comunicativo. Un intreccio unico e indissolubile fra comunicazione e politica in cui ad essere determinante è lo strumento non in quanto tale ma come, esso stesso, messaggio. Vent’anni fa Berlusconi era l’uomo della tv, oggi Grillo è l’uomo del web. Un elemento di modernità, contemporaneità. A ciascuno il proprio media.

Assolutamente simile è anche il controllo della comunicazione. I berlusconiani intervistati non erano altro che propagatori del verbo del leader. I grillini ripetono come un mantra come ha detto Beppe. Berlusconi inventò il kit del candidato, per valorizzare al massimo la resa comunicativa di ogni esponente del partito. Il Movimento5Stelle è addirittura andato oltre, non limitandosi ad un regolamento interno ma mandando ai giornalisti un vademecum sulle parole da usare quando parlano del M5S. Il programma di Berlusconi era lui stesso, il suo volto il marchio di garanzia della sue promesse, anche le più vaghe e generiche (come l’indimenticabile meno tasse per tutti). Il programma del M5S forse esiste davvero ma non dà nessun valore aggiunto alla narrazione di Grillo. È lui il programma, è lui che certifica col suo verbo, e attraverso il suo sito, cioè che bene e ciò che è male.

Così diversi, così uguali. Berlusconi si avvia ad uscire mestamente di scena. Grillo punta al Parlamento. Due parabole opposte ma terribilmente simili. Se la storia si ripeterà lo sapremo fra vent’anni.

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