Eta (senza Beta)Il bibliotecario che ruba i libri

Che l’Italia sia paese del Quarto, neppure più del Terzo mondo, almeno per certi e non trascurabili aspetti, lo sapevo da tempo. La lettura di un articolo, come al solito documentato e pungente, di...

Che l’Italia sia paese del Quarto, neppure più del Terzo mondo, almeno per certi e non trascurabili aspetti, lo sapevo da tempo. La lettura di un articolo, come al solito documentato e pungente, di Gian Antonio Stella, sul «Corriere della sera» dell’8 ottobre, ne ha dato conferma ulteriore. Neppure saprei dire se il sentimento dominante è lo sgomento, l’indignazione, il senso di una nausea inarrestabile che rischia di portare all’autoeclusione da tutto (ma è proprio l’errore che non si deve mai fare). Fatto sta che Stella ci ricorda la carriera mirabolante, tutta all’insegna dell’illegalità, di Marino Massimo De Caro, messo alla Direzione della storica Biblioteca dei Girolamini di Napoli dal ministro dei Beni culturali, Lorenzo Ornaghi (ne ho parlato su questo blog qualche tempo fa). Tutti (non solo gli addetti ai lavori, ne avevano trattato anche i giornali) sapevano dell’assoluta incompetenza di De Caro per quella delicata e importante carica, e al contempo erano al corrente di suoi traffici tutt’altro che trasparenti, legati per l’appunto al mondo dei libri antichi e rari. Occorre concludere perciò, giacché in casi simili non esiste una terza alternativa, o che Ornaghi non fosse a conoscenza di quei trascorsi ben poco raccomandabili; o che viceversa essi gli fossero noti. O per incompetenza o per negligenza Ornaghi risulta perciò un ministro clamorosamente inadeguato, e in qualsiasi altro paese avrebbe dovuto da tempo dimettersi, solo per questo gravissimo fatto. Dalle staffilate sacrosante di Stella non si salva nessuno di quelli che, in un modo o nell’altro, hanno avuto a che fare con un personaggio come De Caro (il quale ha potuto giovarsi, a Napoli, della complicità dell’ex conservatore, padre Sandro Marsano). A cominciare da Galan, ex ministro dell’Agricoltura, poi dei Beni culturali, il quale, ricorda Stella, ha dichiarato: «Di libri sinceramente non capisco niente». Parole almeno caratterizzate da sincerità, ma che suggeriscono subito una domanda. Come può stare al Ministero dei Beni culturali, in un paese come l’Italia, una persona che dichiara candidamente la propria incompetenza in materia libraria? Il fatto è che Galan aveva ricevuto a suo tempo un libro antico sulla caccia, rubato appunto da De Caro ai Girolamini, e ha dovuto conseguentemente difendersi. Poiché Galan dichiara la sua ignoranza in relazione al mondo dei libri, si può anche pensare che egli sia un altro caso di ministro che ha ricevuto un dono importante scajolatim (conio mio, di marca apuleiana, a designare, dal nome di un ex ministro berlusconiano, chiunque riceva uno scandaloso trattamento di favore, e sostenga che ciò sia avvenuto a sua insaputa). Non credo che dichiarazioni come quelle di Galan possa farle il senatore Marcello Dell’Utri, noto e accanito bibliofilo (nonché fondatore dell’associazione «Il buongoverno», di cui De Caro figurava come «segretario organizzativo nazionale»). I libri antichi di pregio sono il suo pane quotidiano. Ebbene, anche lui ha avuto in dono dal suo protetto alcuni libri di valore assoluto che, a quanto risulta, si è impegnato a restituire. Non faccio una domanda maliziosa (che sarà presumibilmente nella testa di quei pochi che leggeranno queste righe), sul rapporto, e la scansione temporale, tra causa ed effetto, che si instaura tra le confessioni dell’ex Direttore della Biblioteca dei Girolamini e l’impegno del senatore bibliofilo.

Per la cronaca, e stando ai risultati degli interrogatorî e delle ricerche condotte dopo la destituzione dalla carica di De Caro, pare che costui abbia trafugato, nella sua lunga attività di ladro (condotta in diverse sedi), almeno 4.000 volumi; e per l’anticipo sulla vendita di 450 tra essi abbia incassato almeno un milione. Fortunatamente, De Caro, a seguito di una giustamente martellante campagna di stampa, e a una lettera firmata da moltissimi personaggi del mondo culturale e universitario italiano, non è più a quel posto. Ma il danno fatto è impossibile quantificarlo, ed è comunque senza rimedio.

Questa è l’Italia dell’ottobre 2012. Ne avremo mai un’altra?

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