Il regolamento per le primarie del Pd assomiglia tanto a quelle gare d’appalto disegnate su misura per certe imprese. Le scorse volte l’obiettivo dichiarato del partito era quello di sbandierare la partecipazione democratica. I più pazienti – e io sono tra quelli – stanno ancora aspettando gli elenchi che attestino l’afflusso di quattro milioni di persone alla consacrazione di Romano Prodi candidato del centrosinistra.
Ma quei tempi sono superati. Ora non conta più il numero degli elettori – che volgarità – bensì la loro motivazione. Voteranno in pochi? Sì, può darsi, ma motivati. Non quei cittadini che magari decidono all’ultimo momento di andare a mettere la loro ics. Perché votare alle primarie non è cosa da fare a cuor leggero.
Quindi, riuassumendo: pochi, motivati e certificati (stavolta pare proprio di sì). Con un albo degli elettori. Contro questa norma Matteo Renzi ha fatto ricorso al garante per la privacy. Che presto darà una risposta, come ha garantito il presidente Antonello Soro. Soro? Ma chi? L’ex capogruppo del Pd? Messo lì da Bersani?