Il testo definitivo di quanto approvato dal governo ancora non lo conosciamo tuttavia dalle bozze e da quanto si apprende dalla stampa si può dire che sembra, nei fatti, un ulteriore rinvio.
Ho stima in questo governo per sparare sulla croce rossa ma sembra evidente che anziché fare l’ennesimo rinvio il governo abbia proceduto con un decreto vuoto che rimanda ad ulteriori provvedimenti attuativi.
Nei fatti il tema dell’agenda digitale è più predicato che praticato, tanto che da quando se ne parla a quando si riuscirà a a vedere qualcosa c’è il grosso rischio è quello di attuare provvedimenti vecchi ed inutili.
L’agenda digitale non è tema sul quale procedere con la lentezza dei ponti e delle strade, ormai siamo abituati in questo paese a veder realizzati interventi infrastrutturali anche trenta anni dopo dal momento in cui sono stati pensati. Ritardi che ormai ci sembrano normali, come ci sembra normale che per fare una rotonda al posto di un incrocio ci possa volere circa sei mesi. Eppure con i temi dell’innovazione arrivare dopo non significa non cogliere al pieno il momento giusto, significa spesso fare la cosa sbagliata e inutile. Buttare via denaro.
Solo qualche anno fa non avremmo mai immaginato che le connessioni wireless mobili fossero il doppio di quelle fisse e la “madre” di tutti gli interventi sull’innovazione poteva sembrare il wiifi nelle città. Ora vediamo che i costi di un abbonamento in banda larga da un cellulare sono così bassi che tutto sommato nessuno chiede più il wiifi. Sono bastati pochi anni.
L’esempio del wifi è valido in moltissimi casi, per questo l’urgenza di individuare una strategia di lungo termine e mettersi in fretta a lavorarci è importante. La strategia sarebbe bene non fosse solo incentrata su interventi immediati, in alcuni casi scollegati tra loro o per l’ennesima volta riproposti come un mantra, ma su una visione del futuro.
Abbiamo bisogno di fare un piano industriale sull’innovazione che sappia far partire interventi in grado di dar fiato alla nostra industria e servizi ai cittadini. Interventi che possano essere da stimolo per le nostre aziende ad investire nel futuro, quale azienda investe nel futuro se lo Stato non è in grado di delineare come sarà il nostro futuro.
Non basta solo spendere dei soldi, è ancora più importante che si sappia dove si volgiono spendere, per fare cosa, per raggiungere quali obiettivi. Queste scelte devono essere raccordate con l’Europa ma, anche visto come è attualmente l’UE, definite e portate avanti localmente.
L’area euro per ora è un sistema cooperativo e competitivo insieme. I diversi paesi cooperano su politiche comuni ma competono tra loro nel raggiungere progressi e risultati milgiori per le loro imprese. In questo scenario “coopetitivo” non possiamo solo mutuare quello che si fa in Europa, abbiamo la necessità di diversificare la nostra offerta e acquisire un vantaggio competitivo su settori che altri in questo momento non presidiano. Solo così possiamo pensare di riprendere a crescere, se ci ostiniamo ad inseguire ciò che si fa in alltri paesi del mondo saremo relegati nel ruolo di brutta copia.
Questo può essere fatto solo creando una strategia nazionale sull’agenda digitale, evitando di copiare pedissequamente soluzioni di startup o di banda larga ma innovando approcci e soluzioni.
Per il ritardo che abbiamo accumulato adesso dobbiamo avere più coraggio di altri ad esplorare terreni nuovi, sapendo scegliere terreni che, qualora si dimostrino infruttuosi, possano essere utili basi di know-how per altri salti.
Sarebbe utile se il governo cominciasse a razionalizzare i tavoli costituiti e lanciasse un lavoro per la costituzione di un piano industriale sullìinnovazione per i prossimi dieci anni. Lavoro da lasciare al prossimo governo che potrà portarlo a termine. Per ora si dia attuazione ai provvedimenti che ci portiamo dietro da tanti anni e che gni volta ricambiamo poco per trasformarli e troppo da essere costretti a buttare tanti soldi inutilmente.
Prima facciamo la visione, poi individuiamo il candidato all’agenzia e la sua squadra. E insieme all’agenzia e a chi la governa ci dobbiamo mettere anche chi la controlla operativamente per non rischiare che anche l’innovazione diventi terreno di conquista del malaffare come già sta avvenendo.