Le regole, per loro stessa natura, sono sostanza. Però in queste primarie assolvono una funzione simbolica e comunicativa che va al di là della mera funzione regolatrice del processo. Sono clava, arma, strumento di battaglia.
All’unanimità viene approvato un regolamento particolarmente ostico per il sindaco di Firenze. Non c’è dubbio che lo sia, almeno sulla carta. Ma è una mossa efficace ricorrere al Garante per la privacy?
Forse no. Renzi la mette su un piano sgradevole, quello del regolamento, degli aspetti amministrativi, della burocrazia. Complica e appesantisce una sfida che rischia di diventare una guerra di carte bollate. E poi la burocrazia non dovrebbe essere in cima alle cose da rottamare?
Non è una questione di merito, sul fatto che tali regole siano giuste o sbagliate. Su questo ci sarebbe molto da dire. Ma qui parliamo di strategia comunicativa per vincere queste primarie, o almeno provarci.
In tal senso un regolamento tanto ostico doveva essere l’ennesimo tassello che rinsaldava la narrazione renziana: la pastoia normativa che frena il cambiamento, l’innovazione, la vittoria del nuovo che vuole avanzare. E perché no, l’ennesima dimostrazione di paura che avrebbero i bersaniani nei confronti dell’avversario.
È quello che Renzi fa in un primo momento, precisamente il 21 ottobre, parlando a Torino: “Non abbiamo paura delle nuove regole, a noi non fanno male, ma fanno male a te, caro segretario, perché cambiando le regole hai messo le condizioni di poter dire che queste primarie sono ispirate dalla vostra paura non dal nostro coraggio”.
Il sindaco di Firenze supera l’ostacolo, getta le basi per la seconda fase della sua campagna introducendo un elemento narrativo in più, il coraggio, facendo segnare un’evoluzione nella struttura del proprio frame.
Salvo poi contraddirsi, svilendo tutto in un burocraticissimo ricorso al Garante.
Le regole dovevano avere una risposta comunicativa, non una riposta burocratica.
Così facendo Renzi si sposta sul campo dell’avversario, ne accetta, è il caso di dirlo, le regole, smette i panni del rottamatore per indossare quelli dell’azzeccagarbugli. E intanto su queste primarie rimbomba l’eco di altre primarie disperse fra corsi e ricorsi.
Certo, il tema non è di poco conto. Rischia di incidere in maniera decisiva sull’esito di questa sfida. Ma ciò non toglie il fatto che la strada scelta da Renzi è quella più pericolosa perché ad un certo punto fa diventare del tutto normale, per non dire ordinaria, la sua cavalcata che invece fino a poco tempo fa rappresentava il frame dominante di questa competizione e dell’intero dibattito politico italiano.
Può sembrare un paradosso o una follia controbattere alle regole con la comunicazione. Ma Renzi non può più tornare indietro: per lui è molto più pericoloso smontare il proprio percorso narrativo rispetto a qualsiasi regola o ostacolo burocratico.
Per essere davvero credibile deve avere il coraggio di osare contrapponendo agli ostacoli dell’apparato la forza della sua narrazione. Per non far diventare tutto una guerra di carte interna al PD. Per dimostrare che la rivoluzione che sta compiendo non finisce nell’ufficio di nessuna Authority.
La battaglia contro queste regole può e deve farla. Ma partendo dal coraggio, non dal Garante per la privacy.