C’era una volta in Italia una donna come tante.
Una donna con una laurea, 4 lingue all’attivo, 10 anni di lavoro.
C’era una volta una donna responsabile e preparata che negli anni aveva lavorato tanto, con il sorriso, con la disponibilità, e con pazienza.
Che aveva fatto le fotocopie, ma anche le stretegie, i caffè, ma anche la gestione di cose importanti.
E le aveva fatte tutte bene, sia il caffè, sia le cose importanti.
Una donna che non chiedeva allo schiavetto di turno di fare cose da schiavetto.
C’era una donna che aveva fatto un figlio senza assentarsi mai dal lavoro.
E poi c’era un uomo, che non faceva molto, che chiedeva a tutti aiuto, che si appoggiava agli altri, che faceva il suo tornaconto. Che sfruttava meriti non suoi. Che non parlava nessuna lingua, che non aveva sviluppato particolari esperienze, ne realizzato grandi successi, che non sapeva fare il caffè, ne le cose importanti.
L’azienda ha promosso l’uomo.
C’era una volta in Italia una storia come tante.
Tutto questo era per la milionesima volta profondamente ingiusto. E vissero tutti felici e contenti. (quasi)