Io di queste cose (e di tante altre che sia ben chiaro) non ci capisco tanto e non mi cambia l’esistenza umana saperne molto … di certo non mi sento nè disorientata nè incredula alla notizia del sequestro degli immobili e di beni per 65 milioni di euro su a Valdagno.
Per una volta però, concordo con Fortuna di Confindustria Vi che invoca di procedere con i piedi di piombo almeno finchè sulla tela non apparirà tutto il quadro senza fermarsi alle prime linee tracciate.
Quello che invece a me interessa, e moltissimo, è il lento declino (non trovo sinonimo ed ho dovuto usare questo sostantivo) delle Grandi Famiglie di Imprenditori Veneti… i Benetton, i Rana, i Marzotto, i Polegato, i Panto, i De Longhi, gli Stefanel e tanti altri …
Famiglie che dopo la crescita vorticosa e gli anni dell’oro adesso si trovano pieni di debiti, in crisi personale oltre che economica, in credito dallo Stato Italiano e spesso strangolati da tasse e burocrazia.
Famiglie con tanti errori alle spalle ma anche con tantissimi successi.
Famiglie che hanno permesso con la loro, la crescita di altre famiglie.
Famiglie che hanno costruito quello che i “foresti” definiscono il modello veneto ma che ancora una volta mi trovo a dover dire che non esiste, che non ‘è nessun fenomeno.
Famiglie di imprenditori che han portato il Veneto ad essere l’unica regione europea più ricca della Baviera, famiglie di lavoratori e spesso intrecciati con una magra politica spesso lontana dalle urla nazionali.
Quando per la prima volta ho votato io, qui era tutto avvolto dal mistico cattolicesimo della Democrazia Cristiana e i retaggi bianco crociati si vedono ancora.
Quando l’ultima volta ho votato io, qui era tutto avvolto dal verde Lega e sembrava che il Leone della Serenissima fosse uscito dalla gabbia e potesse ruggire e mordere.
Come a livello nazionale, se un imprenditore veneto si è “interessato & dedicato” alla politica non era solo per piccola ambizione e sfizio personale ma per grandi interessi economici e allora via alle grande cordate che sembravano ferrate sulle Dolomiti.
E nel corso degli anni sempre gli stessi appassionati a far affari con la sanità, gli stessi giocatori nelle speculazioni edilizie e nelle grandi opere, dal Passante all’A4.
Ma sempre a livello locale.
A livello nazionale sconosciuti.
Famosi in tutti il mondo ma sconosciuti in certi palazzi.
A livello locale, dalla Gloriosa Marca alle nebbie del Polesine passando per l’Alta e la Serenissima l’importante era fare, produrre, realizzare. A poitica ze ciacoe e schei. Qua se lavora.
E se mancano lavoro e schei ecco che il primo ad entrare in crisi è il padrone, non l’azienda.
E il padrone soffre.
Soffre se non riesce a pagare i dipendenti.
Non voglio giustificare nessuno.
Nè una parte nè dall’altra ma forse in pochi ricordano che alla base dei TROPPI suicidi che hanno segnato questo maledetto 2012 c’è anche questa ragione.
Ok debiti, ok casini con le banche, ok tutto quel che volete ma il padrone-imprenditore veneto ha una visione freudiana che marxiana dell’economia.
L’imprenditore veneto ci mette (a modo suo logicamente) sentimento e l’azienda (e di conseguenza i dipendenti) è la sua vita e i dipendenti e le famiglie dei dipendenti, una parte della sua famiglia.
E’ un concetto difficilissimo per me da spiegare.
Al motto “semo na grande fameja” ho sempre preferito essere orfana ma in fondo è così.
Grandi famiglie fatte di capitani coraggiosi, che dopo averle tentate tutte, annegano. Con l’equipaggio. Non hanno – se non alcuni casi meschini e codardi – il coraggio e la dignità di imbarcarsi su scialuppe di salvataggio e lasciare che l’equipaggio anneghi.
Grandi famiglie che hanno creato tantissime micro-realtà di indotto: tutti i laboratori di femmine nati attorno ai Benetton o agli Stefanel, tutte le imprese edili sorte e morte attorno ai Basso o ai Maltauro.
Girava tutto attorno alla Grande Famiglia.
… non esiste la famiglia ideale … non esiste neanche l’azienda ideale …