L’informatica migrante#csxiamo Bersani batte Renzi: qualcuno è d’accordo con me?

Ebbene, ieri ho seguito il confronto Rai tra Renzi e Bersani. Non mi è piaciuto per niente e credo sia stata una pessima vetrina per il PD. Certo, allo scorso turno ho sostenuto Vendola, ma non per...

Ebbene, ieri ho seguito il confronto Rai tra Renzi e Bersani. Non mi è piaciuto per niente e credo sia stata una pessima vetrina per il PD.

Certo, allo scorso turno ho sostenuto Vendola, ma non per questo vado parlando munita del paraocchi che spesso indossano le tifoserie delle varie sponde politiche.

Le primarie sono state una bella esperienza di incontro, scontro, partecipazione.
Ma ora altro non sono che un tentativo di cammuffare giochi infantili interni al Partito Democratico, problemini, scaramucce, guerriglie che poco dovrebbero interessare l’elettore medio, privo degli strumenti necessari per valutarli.

Perché Renzi non ha convocato un congresso straoridinario del PD se proprio voleva cercare di sfiduciare Bersani?

E volendo giustificare il punto a cui ci si è trovati con l’idea di essere invitati a prender parte alla costruzione di un programma per il PD, teorizzando l’incapacità di un gruppo dirigente di trovare una linea comune sul futuro industriale del Paese, sulla scuola, sulla politica estera, perché invece ci si trova ad uno scontro duale che si conclude con l’idea che “chi vince porta avanti il suo programma”, cosa che poco ha a che fare con l’intersecare le idee migliori, con il rielaborare un compromesso comune?

Ieri sera il tentativo ossessivo portato avanti da Renzi nel cercare di marcare le differenze tra lui e Bersani, beh, ha ridotto il dibattito a una misera partita verbale. Ha sottolineato troppe volte che per vent’anni non si è fatto niente, dimenticandosi di dire però che cosa vuole fare lui per il domani. Ha parlato troppo del ruolo che deve avere l’Italia dentro l’Europa dimenticandosi che da un po’ di anni il punto di osservazione dev’essere diverso: noi siamo l’Europa già da un po’. In questo Bersani l’ha stracciato.

Basterebbe dare ascolto alle cose che sono state dette, lasciando da parte le opinioni di pancia.

Renzi era li a cercare il consenso scambiando il pubblico televisivo per una massa di caproni che si accontenta delle favolette, del lieto fine. Per carità, Vendola è stato maestro per anni della costruzione di un vocabolario politico “sognatore”. (Ma è stato anche altro. E gli concedo i voli pindarici anche per questo.)

Renzi è arrivato ad essere perfino volgare e a dimostrare in una sola risposta una sorta di disprezzo per molto di quel che oggi è frutto di fatiche, lotte, valori. Perché come è arrivato a dire che per rilanciare i consumi darà 100 euro al mese in più in busta paga a chi guadagna meno di 2000 euro lordi al mese?

Come si fa ad essere tanto populisti da semplificare un tema così importante come il lavoro (e con esso i contratti, la giusta retribuzione, etc etc) proponendo un gesto di carità che va a coinvolgere la larga maggioranza degli italiani?

Perché non dire che non è ammissibile che oggi ci siano categorie di lavoratori con condizioni salariali che li mettono al di sotto della soglia di povertà pur lavorando 40 ore la settimana?
Perché non buttarsi in avanti dicendo che è sul lavoro e sulle pensioni minime che occorre intervenire?

Mi dispiace Matteo Renzi, ma i giovani non hanno bisogno della carità di uno Stato che si vuole sostituire alla responsabilità delle imprese. Perché la carità come spot la si paga poi negli anni a venire: la storia dell’ICI e dell’IMU ci basta come lezione, non credi?

Mi basterebbe questo per dire che non potrei dire che è stato bravo: ha raccontato un’idea di Paese che non mi piace, che non mi da speranza, che pensa al passato e all’immediato presente, dove il presente è al momento risolvere il problema della sua vittoria, non dell’economia europea.

Gli esperti della comunicazione mi verranno a raccontare che le metafore di Bersani non sono poi state cosa tanto diversa. Ma tra una metafora e l’altra almeno l’idea di come si progetta l’economia futura del nostro Paese si è mostrata: l’idea di cosa vuol dire fare politica, la verità necessaria del compromesso continuo e costante che sempre occorre rincorrere per realizzare qualcosa è saltata fuori. Poi è possibile concordare o meno sulla sostanza, ma chi non si improvvisa commentatore politico, chi segue la politica da tanto tempo, non può essere chiamato a basare il suo giudizio sui sorrisi e sul tono della voce.

Purtroppo su questo ha puntato Renzi. Lasciando ben poca sostanza da commentare.

Perché come si può discutere di merito e raccomandazioni? Siamo seri: la pancia dei disoccupati non si riempie con l’illusione che la religione della meritocrazia sia la panacea di tutti i mali.
Perché se migliaia di ragazzi davanti alla crisi decidono di non iscriversi all’Università perché non hanno i soldi per farlo, beh, il merito è già morto, è già una variabile che non risolve le condizioni di partenza da sempre diverse che costituiscono il popolo italiano.

C’è un Renzi che alza la voce rispetto alle scelte attuali di smantellamento degli Enti Regionali per il diritto allo Studio Universitario?

Davvero basta non pronunciare le diseguaglianze sociali per farle sparire? Davvero la meritocrazia risolve qualcosa oltre alla rabbia repressa di alcuni?

Domenica scorsa alle primarie, nel mio piccolo paesino, la maggior parte degli elettori aveva un’età media molto elevata. E hanno votato Renzi in massa, allo stesso modo in cui votavano in massa DC. Guardando le facce, ricordandone le storie, mi sono domandata dove stava la novità: erano li a sostegno anche dello stato di cose presenti, come fanno da 50 anni confermando sempre la medesima Giunta Comunale, i medesimi consiglieri regionali. E ho trovato conferma allora nell’idea che dietro al brillio del nuovo che Renzi andava propinando in televisione, c’era in ballo dell’altro.

Equilibri, gruppi dirigenti, meschinità classiche da congresso di partito. Non c’è niente di nuovo in tutto questo se non nella spettacolarizzazione della cosa in maniera poco trasparente.

Ed è così che mi consolo all’idea che nuovisimi e rottamazioni andranno a definire poco più che qualche formalità, qualche giochetto di potere e poco altro.

Per fortuna.

Perché ogni volta che ascolto l’idea di stato sociale che esce dai racconti di chi ha fatto la Resistenza, ogni volta che sento certi preti in età spiegare a che punto di idea di comunità sono arrivati dopo anni di lavoro nel territorio, ogni volta che trovo nella storia di un sindacalista insegnamenti utili per la quotidianità, ecco, non capisco cosa ci sia da rottamare.

Non capisco cosa ci sia di vecchio dentro ad una società che ha bisogno di camminare assieme per crescere assieme, in un Paese che ha una generazione intera che poco ha saputo produrre da sola e molto necessita delle spalle dei giganti precedenti per rifarsi le ossa, la cultura, il pensiero.

Ecco, forse ho parlato troppo di uno e poco dell’altro. E forse poco del dibattito di ieri sera. Ma si è trattato di una sfida poco sana, poco interessante, mi è sembrata una partita a cui Bersani si è concesso consapevole della sostanza di cui è portatore rispetto all’immagine frivola con cui si andava confrontando.

Poi c’è che Renzi è poco più vecchio di me. E ieri sera, mentre leggevo i tweet e seguivo il dibattito, ha provato a insegnarmi una cosa sola: che se sai usare la tv e fare lo showman, se trovi qualcuno disposto a darti un po’ di soldi, ecco, puoi conquistare un sacco di consensi, passando dall’essere un quasi signor nessuno a possibile leader del nostro Paese.

Strano, lo sapevo già.

Peccato che la mia generazione dovrebbe servire a dire di non aver imparato solo questo negli ultimi 20 anni. Ed è questa la vera responsabilità che dovremmo saperci assumere per provare a marcare il terreno della diversità, almeno sul livello a cui si vogliono portare le parole.

Per questo sì occorre davvero coraggio.

P.S.: Alle prossime primarie non voterò perché sarò fuori paese. Ma comincio a pensare che per il bene del primo partito del Paese, per quanto mal messo sia, per quanto poco condivisibile su molte posizioni, beh, sarebbe bene domenica andassero a votare solo i suoi tesserati. Come si fa coi congressi. Perché sono quelle forze li che poi dovranno trovare risposta ai nuovi equilibri interni del futuro. E se li lasciassimo a prendere le loro nuove misure da soli?

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