Cinquantasei anni, amico dei Kennedy, figlio di un commerciante (e contrabbandiere) di whisky e di colei che fu la segretaria personale di Churchill, un impeccabile curriculum di studi in Storia a Eton e a Cambridge, 11 anni da manager nell’azienda petrolifera Elf Aquitaine a Parigi, poi tesoriere del gruppo Enterprise Oil PLC a Londra. Non è la biografia di un qualche noto magnate dell’industria ma di Justin Welby, il neoeletto primate della Chiesa anglicana, chiamato a succedere a Rowan Williams (che si dimetterà alla fine dell’anno) e a guidare una Chiesa da 77 milioni di fedeli.
La sua nomina, confermata oggi, come da protocollo, da Downing Street, ha suscitato una certa sorpresa benché il suo nome circolasse da tempo tra i “papabili”. La sua, infatti, è una storia inedita, sicuramente meno rassicurante di quella di tanti colleghi cresciuti spiritualmente in ambienti clericali. Lasciata la carriera manageriale nel 1987, dopo la crisi vissuta in seguito alla tragica morte di una figlia, sentì la vocazione al sacerdozio e venne ordinato nel 1992. Dopo una serie di incarichi in diverse parrocchie, e la nomina a decano di Liverpool, solo nel novembre 2011 è stato consacrato vescovo, a Durham, la quinta sede per importanza dellaChiesa d’Inghilterra, e nominato rappresentante della Camera alta a Westminster. Un solo anno di esperienza episcopale, è stato osservato da molti, è poco per un personaggio che ora si trova a dover governare una Chiesa segnata, in questi ultimi anni, da divisioni e spaccature.
Ma tant’è: La Crown Nominations Commission, dopo settimane di consultazioni avvenute in un’atmosfera di grande segretezza e in un totale silenzio mediatico, ha scelto proprio lui, che la scorsa estate ha fatto notizia per aver fustigato il presidente del colosso bancario Barclays David Walker («Ma voi banchieri – gli ha chiesto – perché siete così tanto avidi? Perché vi arricchite speculando coi soldi degli altri?») e per aver sostenuto il movimento «Occupy London» («Hanno ragione, in questa finanza c’è davvero molto che non va bene», ha detto). Sposato e padre di cinque figli, nonno da qualche mese, Justin Welby è un uomo, insomma, che ha vissuto molto nel “mondo”, con una non lunghissima esperienza pastorale ma con un forte contatto con la realtà secolare.
Da un punto di vista teologico, Welby è schierato con la parte più conservatrice della Chiesa anglicana, ma gode di un consenso trasversale; si è espresso contro il progetto governativo del riconoscimento giuridico del matrimonio omosessuale, nonché contro la consacrazione episcopale dei gay, ma sono in molti a considerarlo una persona pragmatica e flessibile: e in un momento di estrema divisione all’interno della comunione anglicana su temi caldi e divisivi, le sue capacità diplomatiche saranno certamente messe alla prova. Uno dei contendenti all’incarico di primate, l’arcivescovo di York John Sentamu, per lungo tempo considerato il candidato favorito, sarebbe stato certamente meno disposto a dialogare al riguardo.
Intanto cominciano già a profilarsi le sfide immediate che Welby si troverà ad affrontare: a fine novembre, infatti si attende la decisione definitiva riguardante la consacrazione episcopale delle donne. Una questione che ha gravemente spaccato l’unità della Chiesa anglicana, che Williams, nel tempo, ha portato avanti con convinzione e determinazione, e da cui Welby sembra non essere poi tanto lontano.