Tramonti sul nord estCaro Cristo la Tigre, buon Natale alla fine dell’anno più buio

Uomini e cose lasciano per terra esili ombre pigre, ma nei tuoi giorni dai profeti detti nasce Cristo la tigre, nasce Cristo la tigre… F. Guccini – Canzone dei dodici mesi (Radici 1972)Carissimo Cr...

Uomini e cose lasciano per terra esili ombre pigre, ma nei tuoi giorni dai profeti detti nasce Cristo la tigre, nasce Cristo la tigre…
F. Guccini – Canzone dei dodici mesi (Radici 1972)

Carissimo Cristo la Tigre,

Ti scrivo in un tardo pomeriggio di nebbia, di quelli un po’ più assurdi del solito, uno di quei tardi pomeriggi che ti lacerano lo stomaco e dove le budella fanno un tequila & vodka party e non t’invitano.
Uno di quei pomeriggi in cui le realtà vicine sono anche quelle troppo lontane.

Io e te caro Cristo la Tigre non andiamo troppo d’accordo e tutto perché da piccola mi hanno imposto, insegnato e detto che dovevo amare i miei fratelli perché tu hai detto così … e io li mi son bloccata perché non ho mai accettato l’idea di fare dell’amore un dovere.

Stando a quello che dicono i rompicoglioni dei profeti tu dovresti arrivare e un altro anno se ne sta andando.
Uno degli anni più duri e difficili.
Uno degli anni che ha messo a dura prova tante cose, situazioni, certezze e cha ha sparpagliato in giro a destra e manca principi, valori, entusiasmo e voglia di crederci ancora.
E’ stato un anno di lotta e le cicatrici si vedono tutte.
Ci sono ancora molte ferite aperte, quelle superficiali sanguinano mentre quelle profonde sono infette .
Qui nella Serenissima è andato molto a puttane di quello che era certo.
Il castello di sabbia è stato travolto dall’onda della Grande Crisi e come per tutte le disgrazie non eravamo preparati.
Ci sono stati morti e feriti.
I feriti meno gravi ce la faranno, soffriranno ma secondo me potranno salvarsi.
Quelli più gravi invece moriranno e pensati caro Cristo la Tigre che per quanto io abbia profondo rispetto per la Vita, in qualsiasi sua forma, mi sono convinta in quest’anno che l’accanimento terapeutico per salvare qualche impresa non ha senso, che forse è meglio dargli degna sepoltura e cercare di limitare i danni.
Io come sempre sono incazzata, ma questo ormai è un luogo comune come il “non ci sono più le mezze stagioni” .
Ultimamente mi sto incazzando con quelli che professano la new religione dell’Internazionalizzazione. La fame di schei è comune a tutti le aziende, ma i cibi per sfamarle e i modi di preparare i piatti sono così tanti che è difficile avere una sola pentola da lavare.
E invece vedo che tanti, troppi, propongono la ricetta dell’internazionalizzazione come ancora di salvataggio.
Vedi Cristo la Tigre, m’incazzo molto quando anche l’ultimo che passa per strada, dice che per tirarsi su una costola i miei fenomeni dovrebbero vendere all’estero. Hai presente, mi par che tu lo conosca bene, un Ponzio Pilato ? Ecco ne sto vedendo a iosa. Tutti che invocano “l’andar all’estero” e poi se ne lavano le mani. Senza sapere che vendere all’estero può essere una condanna a morte. E la spacciano per scorciatoia, per elisir di lunga vita, per la madre di tutte le soluzione.
Pensati Cristo la Tigre, che qui c’abbiamo le banche che si occupano di internazionalizzazione, un super istituto estero con cabina di regia che si porta a casa venti Oscar, trenta Leoni e una decina di Orsi che si occupa di internazionalizzazione, una marea di direttori commerciali trombati dalle aziende che si occupano di internazionalizzazione da consulenti esterni , tutte le varie Conf, Uni e sindacati vari che si occupano di internazionalizzazione, improvvisati personaggi che si occupano di internazionalizzazione.
Tutti con sta parola in bocca.
E dall’altra parte della barricata ci sono i fenomeni che credono di essere già international perché per botta di culo, contatti vari, intermediari misti, percorsi avviati nel passato perché hanno clienti all’estero che, più o meno regolarmente, inviano ordini.
E sono convinti di essere very very international, sono convinti di aver già fatto tutto ciò che c’era da fare e che prendono di quelle inculate, caro Cristo la Tigre che neanche immagini.
Perché non conoscono le regole del gioco degli altri mercati.
O quelli che, considerandosi la Coca-Cola del loro prodotto, vogliono andarle a dettare a casa degli altri le loro regole. Eh si ci sono anche questi !
Ci sono anche quelli che hanno facilmente dimenticato quanto hanno investito in soldi e energie per diventare qualcuno nella loro parrocchia e non accettano di aspettare che le fragole maturino ma vogliono risultati immediati appena mettono il naso fuori casa esibendo il passaporto.
Perché ? Perché sono bombardati da questa parola internazionalizzazione, vista come la cuccagna, come la soluzione a tutti i mali.
Ci sono quelli che “il mio prodotto è il migliore di tutti” e si offendono se gli prospetti che in un processo di internazionalizzazione non vendi solo prodotto ma anche servizio e che teoricamente dovrebbero entrambi aderire a standard qualitativi superiori rispetto a quelli richiesti a casa loro, e che si entusiasmano facilmente ai primi ordini a cui seguono cocenti delusioni alla prima contestazione.
Comunque nonostante tutto, caro Cristo la Tigre, noi non molliamo. I vari cartomanti economisti dicono che prima che qualcosa riparta avremmo di nuovo le maniche corte o quelli più pessimisti la canottiera ma penso che se abbiamo superato quest’anno riusciremo a resistere fino ai primi caldi. Almeno quelli feriti solo nell’orgoglio e nell’entusiasmo dovrebbero farcela .
Quelli feriti nel portafoglio non so … sai che non so cucinare per cui io ricette non ne ho…
Comunque sia, caro Cristo la Tigre, noi vediamo di continuare ed andare avanti, stringendo i pugni e i denti perché .. perché mica possiamo darla vinta così..
Ciao Cristo la Tigre.

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