Ci siamo chiesti, poco meno di un anno fa, come fosse possibile che in quel di Pavia, i due centri di eccellenza medica della città, potessero ospitare due boss di camorra e ‘ndrangheta, entrambi ricoverati con documentazioni più o meno fasulle e di chi fossero le responsabilità. I due erano Francesco “Ciccio Pakistan” Pelle, condannato all’ergastolo per la strage di Duisburg, e Giuseppe Setola, boss dei Casalesi oggi detenuto. Oggi, forse, si inizia a fare un po’ di chiarezza.
Cinque anni fa l’oculista Aldo Fronterrè, perito di parte stilò la perizia di cecita per il boss dei casalesi Giuseppe Setola, ricoverato presso la clinica Maugeri di Pavia. Il boss andò ai domiciliari, e nell’aprile 2008, da semicieco e da evaso, tornò da Pavia in quel di Castelvolturno e prese parte alla “strage di Castelvolturno”. In trenta secondi Setola uccide sei immigrati ghanesi, e durante la latitanza Setola assunse il comando della cosiddetta «ala stragista» del clan dei Casalesi responsabile, in poco più di sette mesi (tra il 2 maggio e il 12 dicembre 2008), di 18 omicidi e altri otto agguati e ferimenti di persone.
Questa mattina Fronterrè, già primario della Maugeri, ha visto arrivare i Carabinieri nella sua abitazione di Pavia per l’arresto, accusato di aver fornito la falsa certificazione riguardo la cecità del boss dei casalesi.
L’inchiesta è stata condotta dai Carabinieri del comando provinciale di Caserta e coordinata dal procuratore aggiunto della Dda, Federico Cafiero De Raho e dai pm Antonello Ardituro, Giovanni Conzo, Alessandro Milita e Cesare Sirignano. Sono in corso perquisizioni nell’ufficio di un’altra oculista che aveva lavorato con lo stesso Fronterrè. Il medico aveva difeso la sua perizia a spada tratta
Fronterrè è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, mentre è stato arrestato anche l’avvocato Girolamo Casella che risponde di associazione mafiosa: secondo l’accusa l’avvocato, che è anche assessore del comune di Casagiove (Caserta), avrebbe fornito un consapevole e stabile apporto all’organizzazione camorristica attraverso il recapito di disposizioni e messaggi che il boss latitante inviava agli uomini del clan che si trovavano in libertà.
Inutile ripercorrere le vicende che hanno visto coinvolta l’Asl pavese, ai tempi di questi ricoveri diretta a livello sanitario da quel Carlo Chiriaco condannato in primo grado a Milano a 13 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e turbativa d’asta. Così come non è un mistero dei rapporti pericolosi tra criminalità e sanità in Lombardia. Intanto la pulce nell’orecchio rimane sempre per quelle parole del legale di Carlo Chiriaco, che commentava la deposizione del colonnello del ROS Alessandro Farris, secondo cui nei ricoveri non ci sarebbero comunque state responsabilità di Chiriaco: «bisogna prendere atto quindi che a Pavia c’è qualcuno, che non è Chiriaco, che ha fatto ricoverare il latitante e che non è stato mai perseguito per questa vicenda».
@lucarinaldi