Sappiamo chi non ci sarà, per il Pd, nel prossimo parlamento. Oltre D’Alema, Veltroni e Turco, si sono auto-rottamati Enrico Morando, Arturo Parisi e Marco Follini. Atri nove invece hanno chiesto la deroga e alcune decine, si dice un centinaio, saranno salvati nella lista bloccata dal segretario. Questo andirivieni merita di essere analizzato per un aspetto che ha sollevato Marco Follini nella sua intervista di oggi sul Corriere della Sera. Follini si è ritirato perché ha giudicato poco dignitosa la questua di un seggio in parlamento. Non spettava a ciascuno di noi, ha aggiunto, chiedere di restare ma al partito di scegliere da chi vuol essere rappresentato. Il partito è un concetto sfuggente perché dietro il termine onnicomprensivo si nascondono logiche di corrente e di leadership. Lo vedremo meglio quando leggeremo la lista dei protetti.
Tuttavia Follini ha sollevato un problema importante, quello di un partito che non sceglie il proprio passato e che lascia alla determinazione dei singoli questa decisione. Per cui c’è chi ha sempre messo alla frusta tanti colleghi che reclama oggi la propria indispensabilità, penso alla Bindi, e chi invece elegantemente si tira indietro come Follini. Marco rappresenta una componente fondamentale del progetto inclusivo del Pd. È un Dc non pentito, è un uomo preparato, è una persona seria. Un partito a sua volta serio avrebbe dovuto ricandidarlo e non costringerlo alla questua. Ha fatto bene lui a sottrarsi a questo gioco. Personalmente penso che anche la discussione su D’Alema e Veltroni sia stata becera in quanto non si vede il vantaggio per il Pd dall’aver rottamato i suoi fondatori, salvato altri e promosso nuove leve improbabili e cortigiani di capicorrente. Comunque è andata così.
Il gesto di Follini non può tuttavia essere passato sotto silenzio. Il Pd ha dato prova di trasparenza e persino queste improbabili primarie di fine d’anno sono il segno di apertura e chiarezza. Tuttavia resta il fatto che con troppa facilità sono state accantonate personalità che rappresentano pezzi di cultura politica. Ho già detto di Follini, ma penso anche a Parisi. Ho spesso polemizzato con lui ma il politologo sardo-bolognese è l’inventore delle primarie italiane. Il marchio di fabbrica gli appartiene e le sue critiche acuminate sono state uno stimolo per il centro-sinistra anche quando erano palesemente infondate. Chi ci guadagna a tenerlo fuori dal parlamento? Morando è un funzionario dell’ex Pci che ha saputo inerpicarsi lungo i sentori accidentati del riformismo passando da una posizione socialdemocratica a una liberale con serietà e autenticità. È giusto che non ci sia nelle prossime camere? Faccio questi nomi per dire come un partito serio deve essere attento al suo passato per poter guidare il futuro. Troppo spesso assistiamo invece a un atteggiamento un po’ vile, posso usare un termine forte?, di chi dirige che preferisce scannarsi per i suoi propri e altrui fedeli e ignora quelli che hanno scritto la propria storia. Follini ha dato prova di serietà e con lui tutti quelli che hanno rinunciato. Gli altri, no.