Altro Che SportL’Italia non paga i suoi talenti, e un grande come Stefano Cerioni va in Russia

  Stefano Cerioni è stato ingaggiato dalla Federazione di scherma russa per condurre la Nazionale di fioretto fino all’Olimpiade 2016 di Rio de Janeiro. Con stipendio di 300˙000 euro l’anno per tut...

Stefano Cerioni è stato ingaggiato dalla Federazione di scherma russa per condurre la Nazionale di fioretto fino all’Olimpiade 2016 di Rio de Janeiro. Con stipendio di 300˙000 euro l’anno per tutto il quadriennio olimpico, più eventuali premi. Il totale è ben superiore al milione di euro.
Per ricoprire lo stesso ruolo con le Nazionali italiane del fioretto, la nostra Federazione gli dava 70˙000 euro l’anno, più bonus. Che agli occhi dei dirigenti sembrava già una bella cifra – e in effetti lo è, se paragonata allo stipendio medio dei lavoratori nostrani, in particolare di coloro che lavorano negli sport che non sono il calcio. Solo che Cerioni è stato uno dei dominatori dell’Olimpiade di Londra: entrambe le Nazionali azzurre di fioretto hanno conquistato l’oro, e le sue ragazze hanno conquistato i 3 gradini del podio nell’individuale. I russi, semplicemente, gli hanno risolto la vita dal punto di vista economico.

Qualche dato in più sulla carriera di Cerioni, vincitore di ori Olimpici e Mondiali anche da atleta, l’ha pubblicato la Gazzetta dello Sport online dello scorso 15 dicembre. Nell’articolo è citata anche una lettera che quasi tutti i componenti delle Nazionali di fioretto azzurre, in particolare la campionessa olimpica Elisa Di Francisca che ha avuto Cerioni come maestro praticamente fin da quando era bambina 16 anni fa, hanno scritto alla Federazione per convincerla a pagare di più il coach.
Ma non è servito. Le controfferte federali sono state troppo inferiori.

Il problema, per gli atleti, è che è in atto una specie di emigrazione di massa di allenatori di scherma dall’Italia. Nella spada, Angelo Mazzoni e Giovanni Muzio sono stati ingaggiati dalla Svizzera. Nella sciabola, Andrea Magro è andato in Giappone. Nel fioretto, Giulio Tomassini è andato in Francia, Giovanni Bortolaso in Germania, Andrea Borella in Olanda.
Per loro la scelta di emigrare non è stata fatta per guadagnare cifre enormi, quanto per poter avere uno stipendio dignitoso. Uno stipendio che l’Italia non riesce a dare.

O forse non vuole. Se la mentalità di tanti dirigenti sportivi è considerare lo sport un lusso immorale, che una nazione impoverita non può permettersi, allora è chiaro che agli atleti e agli allenatori non verrà mai riconosciuto uno stipendio adeguato.
Se lo sport è visto soltanto come un divertimento e un impegno volontario, non è che si possa andare lontano. Più lontano andranno le nazioni che il merito lo sanno riconoscere, e fanno in modo che di valorizzarlo.

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