MamboParliamo del Quirinale, e se ci andasse Draghi?

Giorgio Napolitano darà l’incarico al nuovo premier dopo il voto di febbraio e si avvierà a concludere il mandato. Non c’è, né ci è mai stato nel passato, un successore designato. Ci sono stati asp...

Giorgio Napolitano darà l’incarico al nuovo premier dopo il voto di febbraio e si avvierà a concludere il mandato. Non c’è, né ci è mai stato nel passato, un successore designato. Ci sono stati aspiranti presidenti, fra tutti Fanfani, Andreotti, Forlani, che sembravano messi in prima linea e poi dopo tre-quattro votazioni scoprivano di avere soprattutto nelle proprie file i veri nemici che li costringevano al ritiro. Scalfaro e Ciampi furono eletti con largo consenso come accadde a Cossiga e lo stesso ampio margine parlamentare era pronto per Napolitano se la destra non si fosse rimangiata la parola e nel pieno della battaglia per il Quirinale non fosse stata impegnata dal suo esuberante leader a contestare la legittimità del voto popolare. Questa volta, cioè dopo Napolitano, sembrava che tutto potesse procedere con tranquillità con Monti candidato ideale.

Non ci sono spiegazioni, era una cosa data per fatta. Si sapeva che il professore amava palazzo Chigi piuttosto che l’alto colle, che avrebbe visto con piacere una staffetta persino con Bersani per andare nel 2015 al posto di Barroso (due italiani al vertice dell’Europa, visto la presenza di Draghi alla Bce?). Sta di fatto che Monti sembrava destinato al Quirinale.

La sua discesa in campo rende più difficile questa prospettiva. Se il risultato sarà un pareggio al senato Monti avanzerà la sua candidatura alla premiership da condividere con un Bersani super-ministro. Se invece la vittoria di Bersani sarà netta e lo scontro elettorale duro, sarà difficile per Bersani candidare il proprio avversario al Quirinale. Monti ha rivelato una capacità manovriera sulle cose della politica che lo renderebbero assai poco affidabile come capo dello Stato. Chi resta? C’è Prodi, che ne ha maturato l’anzianità e i meriti sul campo. Prodi non ha tutti i voti del proprio campo ed è sostenuto quasi esclusivamente da Vendola. Molti temono che Prodi al Colle significherebbe che per il professore bolognese potrebbe iniziare quella lunga serie di vendette contro chi lo ha tradito ovvero che lui e i suoi pensano abbiano tradito. Nel mondo politico democrat si temono molto le vendette prodiane e quindi sono in parecchi a guardare a quella candidatura con sospetto e riluttanza. Prodi avrebbe il vantaggio di un buon nome internazionale, di essere un cattolico ma adulto, di conoscere lo Stato.

Potrebbe affacciarsi l’ipotesi di una candidatura femminile. C’è la Bonino ma è difficile che la radicale sia indicata senza sollevare un vespaio con il Vaticano. Quando si presentò per le regionali laziali uscì fuori quella foto che la ritraeva mentre partecipava in uno studio medico ad un aborto. Nella stessa sinistra molti la stimano, pochi la amano. Un pensierino lo sta invece facendo Anna Finocchiaro che ha il fisico del ruolo e avrebbe il sostegno di una parte della vecchia guardia. Bindi appare invece fuori gioco.

Il candidato sornione che può sorprendere tutti è invece Giuliano Amato l’uomo delle occasioni difficili. Socialista moderato, non inviso alla destra, stimato nelle cancellerie di tutto il mondo, conoscitore come pochi delle istituzioni, prediletto da Napolitano segnerebbe il ritorno in campo della componente socialista, anche se questo non va detto ai socialisti che sono capaci di odiarsi come raramente accade agli umani. Amato può essere l’uomo del Colle. E’ un sempre verde, sa gestire le crisi, sulla carta appare defilato. Se dopo il voto la situazione si ingarbuglierà sentiremo parlare di lui. E di un altro personaggio che ha acquisto titoli e benemerenze. E’ Mario Draghi, l’uomo della banca europea, oggi l’italiano più stimato nel mondo, colui che può far declinare definitivamente la stella di Monti. Per Bersani può essere una carta segreta. 

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