Lo studio non è quello di X Factor. Anche la Corea del Sud ha però avuto il dibattito televisivo.
Il 19 dicembre si vota per le presidenziali. I telespettatori hanno potuto ascoltare nel primo dei tre confronti obbligatori i due candidati principali, la conservatrice Park Geun-hye e il liberale Moon Jae-in, affiancati dalla candidata di sinistra Lee Jung-hee che pur non avendo grandi possibilità di vittoria ha detta di tutti si è fatta notare.
Chi ha vinto? L’opinione cambia a seconda dello schieramento politico dei commenti. Per il quotidiano progressista Hankyoreh c’è stato un sostanziale pareggio con Moon forse in leggero vantaggio. Il giudizio del Korea Times è riassunto invece dal titolo “Park avanza, Moon perde e Lee sorride”.
Tema centrale della serata la Corea del Nord. Sul voto sudcoreano aleggia l’annuncio di Pyongyang di voler lancio un razzo per mettere in orbita un satellite in un giorno compreso tra il 10 e il 22 dicembre. Guarda caso a ridosso delle presidenziali a Sud del 38esimo parallelo, delle elezioni giapponesi il 16 dicembre e, va ricordato, del primo anniversario dalla morte del Caro Leader Kim Jong-il.
I tre candidati hanno criticato quella che Seul ritiene nel migliore dei casi una provocazione, nel peggiore un test missilistico a lungo raggio camuffato, il secondo tra l’altro da aprile quando un primo tentativo fallì dopo un minuto scarso di volo.
Su Pyongyang Park, pur parlando di “creare fiducia reciproca”, è stata quella più conservatrice, ha ricordato che ancora non ci sono le condizioni per colloqui sugli aiuti, ma non ha escluso l’ipotesi di incontri.
Moon si è detto pronto a ripartire dagli accordi del 2007, mentre Lee ha sottolineato il deteriorarsi delle relazioni sotto l’amministrazione conservatrice del presidente uscente Lee Myung-bak, ma sulle sue posizioni pesano le diatribe interne al suo partito (lo United Progressive Party) che quest’anno si è spaccato sulla troppa accondiscendenza verso i nordcoreani.
Lee ha comunque fatto buona impressione e non ha mancato di sottolineare la storia personale di Park, figlia del generale Park Chung-hee che guidò con pungo di ferro il Paese tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, modernizzandolo, ma calpestando i diritti civili.
Una delle particolarità della sfida presidenziale sudcoreana che vede la figlia del dittatore contro Moon l’attivista democratico che fu imprigionato da studente durante il governo del generale Park.