#InnovazioniAgenda Digitale. Ma quante strane differenze tra quella italiana e quella europea.

A leggere la Digital Agenda europea e quella italiana si notano strane differenze e qualche mancanza. I "pilastri" del documento programmatico europeo indicano alcuni punti che riporto di seguito c...

A leggere la Digital Agenda europea e quella italiana si notano strane differenze e qualche mancanza. I “pilastri” del documento programmatico europeo indicano alcuni punti che riporto di seguito che il documento italiano non riprende.

Ciò che si nota sono le differenze, ma la cosa che dovrebbe preoccupare di più la politica è che il documento italiano evita, a mio avviso, di affrontare alcuni tra i principali nodi che affronta quello europeo.

Sulla banda larga il nostro piano non tiene in giusto conto della necessità di revisonare le politiche per lo spettro radio o dell’indicazione di offrire ai cittadini una data velocità di connessione anche con strumenti diversi dalla fibra quali il satellite e il wireless. Già il satellite, proprio quello dove l’Italia ha una leadership internazionale grazie alla sua industria aereospaziale. E invece la Cassa Deposito e Prestiti continua a comprare kilometri di fibra seppellita per terra che arriva nelle case, utile per le grandi città (anche se ormai è pacifico un po’ ovunque che sarebbe sufficiente usare anche il rame) ma molto meno fuori (dove c’è la maggioranza dei cittdini italiani) e i costi per portarla sono enormi rispetto ai benefici.

La nostra agenda digitale non tocca poi minimamete uno dei problemi principali di internet come la cybersecurity, mentre tutto il mondo corre ai ripari con ricerca, sviluppo e governance da noi il problema non esiste. Eppure sia i militari che alcuni organi di governo sono coinvolti in programmi europei e proprio nei gironi scorsi è stata creata una struttura europea di polizia dedicata.

Altro tema inensistente in Italia è il tema dello skill shortage e in generale dela formazione. Mentre tutti i dati statistici ci dicono che gli italiani non sanno usare il computer o lo usano poco per collegarsi e non abbiamo abbastanza laureati e professionisti in materie tecnologiche, la nostra agenda digitale si occupa di altro. Ormai finalmente tutti i documenti parlano di digital divide culturale e da più parti si fa notare come il ritardo in termini di competenze tecniche disponibili per il mercato del lavoro può creare serie difficoltà per la crescita economica (tra l’altro le competenze tecniche devono essere tenute costantemente aggiornate per cui serve a poco richiamare al lavoro le persone che sono state espulse se non si prevedono programmi di formazione continua).

Il documento Italiano non si pone il problema di mancanza di sufficente ricerca e innovazione, noi nemmeno ci poniamo evidentemente il problema che possa essere necessario fare ricerca e innovazione. Mentre l’agenda europea individua anche gli ambiti nei quali concentrarsi. A giudicare i tagli continui sulla ricerca per noi è quasi un crimine occuparsene.

Infine l’agenda italiana non appare concentrata ad usare l’ICT per risolvere importanti questioni sociali, anche se almeno su questo tema esiste un pluriennale progetto di sanità elettronica che ancora non ha prodotto poi molto. Ovviamente non ci è venuto in mente di usare l’ICT per ripensare il welfare ma ci è venuto in mente di fare avveneristiche smartcities(è di qualche giorno fa un mio articolo su questo argomento). Mentre in Europa si pongono il problema dell’invecchiamento e della disabilità noi ci occupiamo di non far trovare i semafori rossi ad un parco auto sempre più piccolo e sempre meno in movimento (i dati sulle vendite auto sono eloquenti quanto quelli che danno un aumentato uso del trasporto pubblico a fronte di un draconiano taglio degli finanziamenti).

Tengo infine per ultimo il tema degli standard che nell’Agenda Digitale europea ha un ruolo centrale. Gli standard, nell’accezione europea, consentono di evitare monopoli (con la nota pratica del lock in), usare buone pratiche comuni di gestione, governare bene i progetti e i servizi, nonché “Le carenze in materia di definizione degli standard, appalti pubblici e coordinamento tra amministrazioni pubbliche impediscono ai servizi e ai dispositivi digitali utilizzati dai cittadini europei di funzionare insieme come dovrebbero.”

Se l’Agenda Digitale Italiana fosse stata più sfidante l’avrei capito. Sfidante nel senso di individuare delle aree nuove sulle quali concentrarsi oltre a quelle principali. Delle aree in cui assumere una posizione di eccellenza a livello internazionale puntando sul nostro cantaggio competitivo. Ma questo non è accaduto, il documento italiano sembra uscire fuori da ogni criterio europeo. Come sara stato possibile? (una risposta ce l’ho ma la lascio ad un’altra puntata)

Il prossimo governo dovrà rimettere mano a questo tema, recuperare quanto più lavoro possibile ma anche aggiungere ciò che manca, ripianificare le priorità. Soprattutto sarà necessario concentrarsi su questioni fondamentali che sono il presupposto per comprendere quale tecnologia può produrre un risultato per la società e come deve essere utilizzata.

Riporto i principali punti dell’Agenda Europea e di Quella Italiana

Frammentazione dei mercati digitali
L’Europa è tuttora un mosaico di mercati online nazionali e alcuni problemi, seppur risolvibili, impediscono ai cittadini di beneficiare dei vantaggi di un mercato digitale unico.
Mancanza di interoperabilità
L’Europa non coglie ancora i massimi vantaggi dell’interoperabilità. Le carenze in materia di definizione degli standard, appalti pubblici e coordinamento tra amministrazioni pubbliche impediscono ai servizi e ai dispositivi digitali utilizzati dai cittadini europei di funzionare insieme come dovrebbero.
Aumento della criminalità informatica e rischio di un calo della fiducia nelle reti
I cittadini europei non si dedicheranno ad attività online più complesse a meno che non sentano di poter fare pieno affidamento, per sé e per i propri figli, sulle loro reti.
Mancanza di investimenti nelle reti
Occorre fare di più per assicurare l’installazione e l’adozione della banda larga per tutti, a velocità sempre maggiori, tramite tecnologie sia fisse che senza fili, e per facilitare gli investimenti nelle nuove reti internet ad altissima velocità, aperte e competitive, che saranno le arterie dell’economia del futuro. Occorre incentrare la nostra azione sulla fornitura di incentivi atti a incoraggiare gli investimenti privati, integrati da investimenti pubblici mirati, senza creare nuovi monopoli delle reti, e migliorare l’attribuzione delle bande dello spettro.
Impegno insufficiente nella ricerca e nell’innovazione
In Europa gli investimenti continuano ad essere insufficienti, l’impegno è frammentato, la creatività delle PMI è sottoutilizzata e il vantaggio intellettuale della ricerca non si converte in vantaggio competitivo per le innovazioni basate sul mercato.
Mancanza di alfabetizzazione digitale e competenze informatiche
L’Europa soffre di una crescente carenza di competenze professionali nel settore delle TIC e di analfabetismo digitale.
Opportunità mancate nella risposta ai problemi della società
Sfruttando appieno il potenziale delle TIC, l’Europa potrebbe affrontare in maniera molto più efficace alcuni dei problemi più pressanti per la comunità, come ad esempio i cambiamenti climatici e le altre pressioni sull’ambiente, l’invecchiamento demografico e i costi sanitari crescenti, lo sviluppo di servizi pubblici più efficienti e l’integrazione delle persone con disabilità e la digitalizzazione del patrimonio culturale europeo per metterlo a disposizione della generazione attuale e di quelle future.”

il documento originale (la versione inglese)

A leggere i punti fondamentali dell’Agenda Digitale Italiana la focalizzazione è su:

1) Banda larga e ultra-larga.

Per “banda larga” si intende il sistema di connessione
che permette di inviare informazioni a una velocità che varia dai 2 ai 20 Mbps (megabit per secondo). La “banda ultra-larga”, invece, viaggia a velocità superiore: tra i 30 ai 100 Mbps. Nonostante gli sforzi compiuti finora l’Italia è ancora indietro rispetto ai partners occidentali. I dati parlano chiaro: quasi 5,6 milioni di italiani si trovano in condizione di divario digitale, difettano cioè delle nozioni di base per poter usufruire dei benefici del web. Mentre sono almeno 3000 le località nel Paese che soffondo di un ‘deficit infrastrutturale’ – sono cioè prive delle infrastrutture necessarie per godere dei benefici della banda larga e ultra-larga – soprattutto nel
Mezzogiorno, nelle aree rurali e in quelle lontane dai grandi centri urbani.

2) Smart Communities/Cities.

Le città “smart” sono spazi urbani entro i quali le comunità residenti (la community) possono incontrarsi, scambiare opinioni, discutere di problemi comuni, avvalendosi di tecnologie all’avanguardia. La community funziona anche da stimolo per realizzare ricerche e progetti utili alle pubbliche amministrazioni. L’Agenda digitale italiana stanzia nuovi finanziamentiper realizzare le piattaforme tecnologiche necessarie a consentire alle città di adottare la filosofia smart.

3) Open data.

L’open data – letteralmente “dati aperti” – è un nuovo approccio alla gestione dei dati e delle informazioni in possesso delle istituzioni pubbliche, interamente gestito attraverso le tecnologie telematiche. Il governo inglese e quello statunitense sono stati i primi a sperimentare questo sistema. Ma il numero di governi che adotta questo approccio è in continua crescita.
Con l’open data tutte le informazioni delle istituzioni pubbliche vengono “liberati” e diventano accessibili e interscambiabili online. L’adozione del formato open è un’opportunità importante anzitutto per le amministrazioni, che superano così gli schemi rigidi e burocratici di accesso ai dati e di gestione delle risorse informative.

Si pensi che, nella sola Europa, il “valore” dell’informazione pubblica ammonta a circa 140 miliardi di euro l’anno. Ma il formato open è un’opportunità anche per i cittadini. L’immensa mole di dati resi pubblici permette di avvicinarli alle istituzioni, rendendoli più partecipi al loro operato.

4) Cloud Computing.

La “nuvola di dati” è una delle novità più importanti dell’evoluzione tecnologica. Nel caso delle pubbliche amministrazioni, con cloud si intende la possibilità di unire e condividere informazioni provenienti da istituzioni diverse. Questo processo permette la maggiore interoperabilità dei dati, con vantaggi evidenti per la rapidità e la completezza dei processi amministrativi.

5) E-government. Ultimo, ma non per questo meno importante, è il principio del governo digitale, o e-government. Con l’Agenda digitale si creano nuovi incentivi per l’utilizzo delle tecnologie digitali nei processi amministrativi per fornire servizi ai cittadini. Ne beneficiano l’efficienza, la trasparenza e l’efficacia. Un esempio concreto è quello degli appalti pubblici, con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici. Le imprese, dal 1 gennaio 2013, presenteranno alla Banca tutta la documentazione contenente i requisiti di carattere generale, tecnico ed economico.

il documento originale

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