Bersani si è recentemente descritto come la lepre che tutti inseguono. Per restare in ambito zoologico dovrebbe abbandonare questo modello e farsi al tempo stesso lupo, leone, serpente. Ne viene fuori un animale che non c’è in natura ma che può nascere nella giungla della politica. Era facile prevedere che lo scandalo del Monte sarebbe stato caricato addosso al Pd. Appena ieri ricordavo che siamo all’uno contro tutti. Grillo fa la sua parte, Ingroia morde l’elettorato di Vendola, Monti, sleale una seconda volta, attacca il partito che con la rinuncia alle elezioni anticipate gli ha consentito di sbarcare in politica e che addirittura pensa a lui come alleato futuro.
Stare nell’angolo come lepre porta a finire in salmì. Reagire con la velocità del lupo, con la forza del leone, con insidiosità e la furbizia del serpente può dare uno sbocco a questo assedio. Elettoralmente lo scandalo può seminare dubbi in fasce elettorali indecise ma rafforzerà nel corpo storico del Pd la sensazione che bisogna fare massa critica per reggere all’urto. Sulle cose del Monte sono state dette molte imprecisioni e molte cose non vere. È vero tuttavia che i controlli sono saltati e che sono stati tardivi, che la commistione fra politica e sistema bancario attraverso le fondazioni va ridiscusso, che i senesi devono ragionare in termini mondiali e in più come grande banca territoriale.
È la seconda volta in pochi anni che il gruppo dirigente del Pd si trova coinvolto in vicende bancarie. Il caso Unipol si è sgonfiato. Il caso Monte può allargarsi. Emerge nelle polemiche di queste ore una buona dose di approssimazione e di cinismo. Si crede davvero che il Monte decidesse con Bersani e con i suoi predecessori le sue scelte? Siamo seri. Il Monte ha fatto affari con tutti e ha fatto scelte, che si rivelano sbagliate, che sono proprie del management, come dice Stefano Fassina. Lo stesso ex sindaco di Siena ha perso il posto per aver preteso di imporre un rapporto diverso con Mussari e la Fondazione.
Comunque lo scandalo è destinato a tenere banco. Non c’è complotto. Tuttavia c’è nella gestione politica dello scandalo un doppio tornaconto. Mettere il Pd in difficoltà e azzoppare la candidatura virtuale di Mario Draghi alla presidenza della repubblica. Stupisce la sfrontatezza con cui Tremonti, che autorizzò l’uso dei derivati negli enti locali, cavalchi questa campagna. Non stupisce che sia della partita Grillo che deve dimostrare che sono uno tsunami politico può rigenerare il Paese. Fa pena il cannibalismo della lista Ingroia che pur di portare in parlamento una pattuglia di vecchie glorie comuniste, verdi e qualche giustizialista a tempo pieno del mondo dei media non si rende conto che sta recidendo l’albero su cui è seduto.
Se cade il Pd non c’è spazio neppure per loro. Le carte da gioco sono comunque in mano a Bersani. Si difenda dalle accuse infondate, ma colga l’occasione per mettere a punto una vera strategia di fuoriuscita della politica dal sistema bancario. Metta soprattutto al centro della discussione il rischio di un Paese ingovernabile se viene meno la sua forza centrale. Restituisca colpo su colpo sia verso chi ha dimenticato che senza il Pd e la rinuncia di Bersani oggi sarebbe uno fra i tanti docenti della scalcinata università italiana, sia verso chi in parlamento vuole continuare a fare il pubblico accusatore. La destra fa la destra. È logico che attacchi dimenticando quanta parte di responsabilità essa abbia avuto dal governo. È evidente che è lì l’avversario di Bersani. Ma non si può porgere l’altra guancia verso chi cerca di erodere una piccola percentuale di voti senza avere più neppure l’ambizione di poter governare. La lepre va rimessa in libertà, servono lupi, leoni, serpenti. Mordere, mordere.