Diritto di accesso per tutti? Il governo faccia chiarezza

  Il decreto del Governo sulla trasparenza, chiuso nei giorni scorsi in attuazione della legge 190 anticorruzione del 6 novembre scorso, sarà davvero una "bomba", capace di far deflagrare le ammin...

Il decreto del Governo sulla trasparenza, chiuso nei giorni scorsi in attuazione della legge 190 anticorruzione del 6 novembre scorso, sarà davvero una “bomba”, capace di far deflagrare le amministrazioni pubbliche italiane? O sarà soltanto un innocuo petardo, di quelli che i bambini fanno esplodere agli angoli delle strade: scoppiettante ma senza alcuna conseguenza per cose e persone?
Bisogna riconoscere che il passo in avanti è importante. L’obbligo di rendicontare sull’uso delle risorse pubbliche diventa più stringente. Conti, entrate, uscite, nonché la situazione patrimoniale di chi ricopre incarichi politici o dirigenziali a livello statale, regionale e locale dovranno essere pubblicati su web. Il decreto del governo prevede anche l’obbligo di rendere pubblici i redditi dei parenti dei politici entro il secondo grado.

Il ministro Patroni Griffi cerca di farlo passare per un vero e proprio Freedom of Information Act sulla linea di quello statunitense o nordeuropeo. In effetti, già a partire dalla riforma Brunetta (scritta, per questa parte, con il concorso di Pietro Ichino), il principio di trasparenza è inteso come total disclosure, ossia come accessibilità totale delle informazioni su ogni aspetto dell’organizzazione e dell’attività amministrativa. Il decreto riconferma questa definizione del principio così come riconferma un generale obbligo di pubblicità (situazioni patrimoniali di politici, e parenti entro il secondo grado; atti dei procedimenti di approvazione dei piani regolatori e delle varianti urbanistiche; dati, in materia sanitaria, relativi alle nomine dei direttori generali delle Asl e agli accreditamenti delle strutture cliniche). Fin qui nulla di sconvolgente.

In attesa di leggere il provvedimento definitivo, le norme più interessanti che emergono dallo schema di decreto sono quelle che prevedono l’obbligo di pubblicare le informazioni sull’uso delle risorse pubbliche e quelle che prevedono sanzioni in caso di inadempimenti da parte di funzionari e dirigenti.
Sulla questione dell’effettivo adempimento, infatti, si gioca la gran parte delle potenzialità della trasparenza. Non si capisce, ancora, quale sia il grado di pressione che queste sanzioni sono in grado di esercitare sul comportamento delle PA, specie in mancanza di organismi di valutazione davvero indipendenti e di strumenti di tutela del diritto dei cittadini. La famigerata class action, per dirne una, è stata un vero flop e non pare che il decreto preveda forme di azione più efficaci.

Inoltre, ci sono molti dubbi sull’effettività del diritto di accesso. Nel decreto, infatti, si collega questo diritto agli atti sui quali vige un obbligo di pubblicazione. Ma per quegli atti che non sono sottoposti a questo obbligo, come si fa ad esercitare qualche pretesa?

Ecco perché, in un comunicato, la storica Elena Aga Rossi, presidente dell’Iniziativa italiana per l’introduzione del Freedom of Information Act (FOIA), si mostra assai scettica: “da qui a dire che è stato stabilito “il principio della totale accessibilità delle informazioni” ispirandosi al modello del Freedom of Information Act statunitense, ce ne corre”. Continua Elena Aga Rossi: “I cittadini, infatti, potranno chiedere di accedere ai documenti senza restrizioni, solo nel caso dei documenti che avrebbero dovuto essere pubblicati on line. Per tutti gli altri, continuerà ad essere in vigore la disciplina molto restrittiva contenuta nella l. 241/90, che permette l’accesso ai documenti solo per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (in pratica, se si ha bisogno di un documento per fare un ricorso o casi del genere), mentre esclude esplicitamente la possibilità di un suo utilizzo come mezzo di controllo generalizzato sulla pubblica amministrazione”.

La delega al Governo, d’altra parte, era più limitata rispetto all’estensione del FOIA. Un passo in avanti, ma non troppo. Non si venda ai cittadini un prodotto più luccicante di quello che è. Lo chiediamo per trasparenza.

@vittorioferla

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