grand-tourFuturo campus Bocconi: per una volta ha vinto il progetto migliore?

Un campus trasparente, verde e aperto alla città: edifici flessuosi che sembrano quasi toccarsi e fluttuano tra alberi e giardini, collegati da percorsi coperti leggerissimi che racchiudono grandi ...

Un campus trasparente, verde e aperto alla città: edifici flessuosi che sembrano quasi toccarsi e fluttuano tra alberi e giardini, collegati da percorsi coperti leggerissimi che racchiudono grandi spazi aperti e permettono di raggiungere ogni edificio anche con il cattivo tempo. Un progetto quasi immateriale, anzi fluido come la più diffusa delle metafore sui tempi che corrono.

Questa in sintesi è la proposta vincitrice, davvero riconoscibile, dello studio giapponese SANAA per l’area della ex-Centrale del latte di Milano, dove sorgeranno il nuovo SDA Bocconi, un centro sportivo e un pensionato verticale – nella torre! – per studenti e visiting professor. Un campus che è insieme compatto e molto identificabile, un landmak che si integra al tessuto urbano perchè aperto – fisicamente e visivamente – al contesto che lo circonda.

Il progetto corrisponde bene all’esplicita volontà dell’Università Bocconi a ribadire il proprio ruolo di istituzione votata alla formazione internazionale affermando la propria concreta presenza anche con l’architettura, che sarà forse poco milanese – chi può dirlo?- ma molto contemporanea, come d’altra parte l’ultimo ampiamento firmato dallo studio irlandese Grafton Architects.

Certo che l’idea dell’Università come “fabbrica del sapere” da cui l’intera comunità può avvantaggiarsi è intelligentemente seduttiva. Ma quel che conta è che ci saranno spazi, strutture, servizi da condividere, per definizione, e una comunità mescolata di universitari e comuni cittadini. Il centro sportivo-ricreativo, per esempio, sarà aperto al pubblico con piscina olimpionica, palestre e un centro fitness.

Difficile immaginare qualcosa di simile, almeno in Italia. Allora i nostri complimenti vanno a chi, avendo una visione, punta anche sull’architettura per materializzarla. Perchè le parole non bastano.

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