Nel 2012 si è segnato un record storico dell’esportazioni dell’agroalimentare italiano con un fatturato che supera i 31 mld di euro. E’ quanto emerge dai dati Istat relativi al commercio estero. La maggior parte dell’esportazioni sono verso i paesi dell’Unione Europea ma è cresciuto molto l’export verso gli Stati Uniti e soprattutto verso la Cina, nella quale si registra un vero amore per la dieta mediterranea. Il vino è in testa con 4,5 miliardi (+7 per cento) davanti all’ortofrutta fresca (3,9 miliardi di euro) e all’olio l’olio (1,2 miliardi).
Questa è la dimostrazione che la qualità, all’interno della globalizzazione della produzione, è ancora riconosciuta come valore e l’agroalimentare è quanto mai espressione di specificità che lega il prodotto al territorio.
Altro dato che, seppur negativo, rimarca la necessità di investire nella qualità e nella territorialità delle produzioni è l’ “agropirateria” internazionale che attribuisce a prodotti alimentari in maniere illecita denominazioni e certificazioni di un altro prodotto noto per le sue caratteristiche organolettiche, di sicurezza e di origine. L’Italia è fortemente penalizzata delle contraffazioni alimentari, proprio per le eccellenze che il nostro territorio è riuscito a produrre che sono il frutto di un procedimento produttivo rispettoso e di caratteristiche strettamente legate al clima, terreno e quindi irripetibili e per questo garantite dalle certificazioni Dop e Igp.
La contraffazione dei prodotti alimentari è un dato grave che crea concorrenza sleale, abbassando i costi di produzione e mette a rischio la salute dei consumatori. Inoltre , insieme all’ “Italia sounding” che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni che si richiamano all’Italia, produce una perdita di fatturato del comparto agroalimentare di 60 miliardi di euro.
Sono falsi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre, i più falsificati sono il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, l’olio d’oliva, la mozzarella e la pasta.
In riferimento all’olio extra vergine d’oliva italiano, tanto ricercato all’estero, va sottolineato che ancora la produzione certificata Dop e Igp, seppur vede 43 riconoscimenti presso l’EU contro i 27 della Grecia e 26 della Spagna, rappresenta solo una percentuale bassa della produzione totale (3% dati Ismea 2010).
E’ importante quindi aumentare la percentuale dell’olio extra vergine d’oliva italiano certificato, la certificazione è uno degli strumenti in nostro possesso per contenere le contraffazioni che danneggiano il mercato e deprezzano il prodotto ed in tal senso va il Pacchetto Qualità 2012 che premia i prodotti certificati.